martes, 28 de febrero de 2023


Il vangelo di Luca (1)
Una introduzione alla lettura spirituale
Marconi Nazzareno

 

I Primi passi per leggere il Vangelo di Luca

Chi è Luca?

Fin dalla fine del secondo secolo S. Ireneo attribuisce il terzo vangelo a Luca: un medico, amico di Paolo e citato almeno tre volte nelle sue lettere. Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema. (Col 4,14) …con Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei collaboratori (File 24). Cerca di venire presto da me, perché Dema mi ha abbandonato avendo preferito il secolo presente ed è partito per Tessalonica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero. (2Tim 4,9)

Ireneo, desideroso di sottolineare l’autorità di Luca, lo presenta non solo come un discepolo di Paolo, ma come uno stretto collaboratore che lo avrebbe accompagnato in quasi tutti i suoi viaggi. Questo secondo alcuni studiosi sarebbe confermato dal comparire, nel libro degli Atti, di quelle che si chiamano le sezioni “noi”. Si tratta delle parti in cui l’autore dice “noi”, lasciando intendere che abbia personalmente partecipato ai fatti che narra. Queste sezioni iniziano con l’ingresso di Paolo nel territorio europeo come narra Atti 16,10-17, e continuano, con alcune interruzioni, fin quasi alla fine del libro.

Abbiamo però un altro documento antico anonimo, conservato come prologo al terzo vangelo in molti manoscritti, che presenta le cose in maniera diversa.

Luca era siriano, originario di Antiochia, medico e discepolo degli apostoli. Più tardi seguì Paolo fino al suo martirio.” Luca dunque non sarebbe stato un figlio spirituale di Paolo come Timoteo e Tito, l’avrebbe raggiunto invece a metà della sua missione, dopo essere stato formato alla fede in oriente, con l’influenza diretta degli altri apostoli.

La descrizione di Ireneo in realtà presenta delle difficoltà: se infatti Luca è con Paolo dall’ingresso in Macedonia, perché non si parla di lui nelle lettere del 2° e 3° viaggio? Ma soprattutto abbiamo pochi contatti tra le lettere di Paolo e l’opera lucana in quanto hanno di più personale e non semplicemente di riferito ad una tradizione antica e comune, come il testo eucaristico di 1Cor 11:23-25 (cfr. Lc 22:14-20).

Molte cose diventano invece più chiare se ipotizziamo che Luca abbia raggiunto Paolo più tardi, magari a Roma o forse già a Cesarea di Palestina, infatti il viaggio per mare è una delle sezioni “noi” di Atti. Avrebbe dunque conosciuto l’Apostolo portando con sé cognizioni personali sulle tradizioni cristiane siriane e palestinesi e forse dei materiali già elaborati da utilizzare per la sua opera futura. Di fatto, a livello di idee, si trova un legame molto più stretto tra l’opera lucana e le lettere della prigionia (Ef 2,11-22 Col 1,1-16 e 21-29). Con le lettere pastorali poi i contatti sono numerosi e precisi, soprattutto in relazione ai capitoli sull’infanzia di Gesù. Alcuni autori ritengono addirittura che proprio Luca abbia redatto queste tre lettere secondo le istruzioni di Paolo. Per quanto riguarda le sezioni “noi” di Atti, si può pensare che Luca, sentendosi ormai parte del gruppo dei collaboratori di Paolo, abbia redatto così le sezioni sulle quali aveva accesso a testimonianze di prima mano.

Gli esegeti hanno cercato conferma nel linguaggio al fatto che Luca fosse realmente un medico. L’ipotesi non è certo smentita dalla sua opera, che perlomeno lo conferma come una persona colta e dotata di un vocabolario, anche tecnico, piuttosto ampio. Un elemento contrastante rispetto al linguaggio standard e piuttosto popolare degli altri autori del NT.

Le uniche informazioni certe che possiamo avere su di lui sono però quelle che derivano dalla lettura della sua opera dalla quale è bene lasciarsi guidare fin dall’inizio.

Un consiglio per il lettore

Nella nostra esperienza di lettori di testi contemporanei, si apprende ben presto come sia utile dedicare un po’ di tempo alla lettura del risguardo copertina di un libro che stiamo iniziando a leggere. Infatti le informazioni sull’autore, sullo schema generale del libro e sulla motivazione per cui è stato scritto, costituiscono un aiuto interessante per una piena comprensione. Spesso se questi risguardi sono opera dell’autore vi possiamo trovare una storia del libro: nato magari da una serie di conferenze, da un insieme di articoli, scritto nel corso di un’unica notte insonne, o steso con un attento lavoro di revisione e correzione che ha preso degli anni, nel quale un primo abbozzo ha cambiato totalmente fisionomia.

É innegabile che questa serie di informazioni sull’origine del testo che abbiamo in mano siano determinanti per indirizzare nel verso giusto la nostra comprensione, anche perché gli studi moderni sulla psicologia del lettore e dell’atto della lettura mostrano l’estrema importanza che assume in una lettura, l’atteggiamento di partenza del lettore: cioè tutta la serie di domande che il lettore si immagina troveranno risposta nel testo stesso. Se questa aspettativa iniziale parte su binari errati, la lettura non innescherà quel processo di dialogo testo-lettore che è indispensabile per una vera comprensione, e la reazione psicologica inevitabile, è ben espressa dalla frase “questo libro non dice niente”, che andrebbe letta: “questo libro non risponde alle domande che io gli ho posto fin dall’inizio della lettura”.

Se noi applichiamo questa constatazione alla lettura che facciamo dei vangeli, comprendiamo l’importanza di uno studio che ci permetta di porre al testo le domande giuste, di iniziare cioè la lettura con una aspettativa corretta, e diventa perciò importante individuare all’interno del testo la presenza di quei famosi “risguardi di copertina” a cui accennavamo all’inizio: cioè dei punti in cui il testo parla di sé, della sua genesi, e dei suoi intenti.

A differenza dei due vangeli precedenti nel vangelo di Luca possiamo trovare uno di questi testi in cui l’autore si preoccupa di informare i lettori sulle motivazioni che lo hanno spinto a scrivere un vangelo. I dati che ci vengono comunicati nei primi 4 versetti del suo Vangelo sono dunque particolarmente importanti per la comprensione di tutto il Vangelo di Luca.

Lc 1,1-4 UN RISGUARDO DI COPERTINA

Chi legge gli autori classici, si trova di fronte ad un modo di scrivere a lui familiare; Luca vuol far vedere che sa scrivere, e come questi autori dedica il suo testo all’editore: Teofilo, cioè colui che dovrà curarne la diffusione il più possibile vasta. Luca mostra di saper bene che sta scrivendo per un pubblico vasto ed attento, e che quello che dirà varcherà i confini del suo spazio e del suo tempo. Questo fatto deve d’ora in poi metterci sull’avviso, il testo che ci troviamo di fronte non è un testo affrettato, una serie di appunti accostati senza ordine dove gli elementi possono essere tranquillamente scambiati, ma un insieme organico un “racconto ordinato”, che tiene presente lo svolgimento dei fatti in base alle testimonianze raccolte, e la fondamentale preoccupazione di operare una catechesi che rafforzi la fede.

Leggere questo vangelo vorrà quindi dire accostarci ad una testimonianza vagliata, che ci trasmette il contenuto dei fatti, ma che non si limita a questo, cerca infatti di ordinare gli avvenimenti in modo coerente, così che il lettore sia condotto a rafforzare i dati della propria fede verificandoli con quello che Gesù ha detto e fatto.

Nel suo prologo Luca ci informa quindi non solo sullo scopo, ma anche sul metodo con cui scrive. Egli certo vuol fare opera da storico, come lo dimostra la sua intenzione di fare “ricerche accurate”, e vuol altresì comporre un’opera “ordinata”, ma con tutto ciò non intende rinunciare a che il suo libro sia una predicazione evangelica, che si inserisce nello stile e nella corrente di quei primi testimoni oculari che si fecero “servi della Parola”.

Queste premesse sono immediatamente riconoscibili mano a mano che ci accostiamo al suo vangelo: la cui composizione generale infatti mostra chiaramente di dipendere da quella di Marco. In Marco, dove appariva la struttura della catechesi apostolica più antica, quella risalente a Pietro, Luca trova uno schema che possa ricollegarsi con chiarezza a questa tradizione.

Nei testi più antichi del NT abbiamo resti di questa tradizione originaria che si limitano all’essenziale della fede e vengono perciò definiti testi di “annuncio del messaggio” o kerigmatici. Essi trasmettono il mistero pasquale come in 1 Cor 15,lss; a volte preceduto da una sintesi schematica della vita di Gesù, come in Atti 10,36ss che culmina nel mistero pasquale. In questo secondo testo si presenta già uno scheletro che diventerà l’ossatura dei futuri racconti evangelici.

·         a) Galilea – Giovanni Battista
– (Miracoli e discorsi)

·         b) Giudea * Passione

·         c) Gerusalemme *Morte *Resurrezione * Apparizioni

Questo schema, come vedremo, è facilmente riconoscibile all’interno del vangelo di Luca come struttura portante, ma Luca non si ferma qui: ha promesso di fare un “resoconto ordinato” ed esauriente dei fatti evangelici, adatto a spiegare tutto lo svolgersi della storia della salvezza, per questo aggiunge a questo schema le notizie circa i racconti della infanzia di Gesù. Fa questo non solo per una preoccupazione di completezza, ma soprattutto per indicare con chiarezza quella che vedremo sarà una delle idee portanti del suo vangelo: in tutta la vita di Gesù si è realizzata, una volta per sempre, la salvezza attesa da tutto l’AT e da tutti gli uomini di buona volontà; per questo i materiali della infanzia di Gesù sono presentati in modo tale che già in essi appaia quasi riassunto tutto questo messaggio di salvezza che costituirà l’ossatura ideale del vangelo.

In seguito, pur muovendosi nella trama di Marco, Luca con aggiunte ed omissioni importanti, segnerà tutto il vangelo attraverso un movimento centrale. Soprattutto con quella che viene definita la “grande interpolazione” (9,51-18,14), e con la soppressione del racconto delle apparizioni di Gesù risorto in Galilea, Luca presenterà la vita di Gesù come sviluppata in un grande viaggio verso Gerusalemme. Qui, nella Città Santa, compiendo il suo mistero pasquale, e portando a compimento le predizioni delle scritture; Egli verrà esaltato dal Padre, che con ciò darà definitivo compimento alle sue promesse passate, ed inaugurerà un tempo nuovo della Storia della Salvezza.

Il risultato di questo lavoro è un testo estremamente organico, dove i temi si sviluppano con continue riprese e chiarificazioni progressive.

L’opera di Luca
VANGELO ED ATTI

Il piano dell’opera di Luca si mostra in tutta la sua unitarietà non solo all’interno del vangelo, ma anche se accostiamo questo vangelo al Libro degli Atti, indicato dal nostro autore come il secondo volume di un’opera in due parti, diretta allo stesso editore e composta con le stesse finalità. Sono due volumi sugli inizi dell’annuncio della Buona Novella, dall’Annunciazione della nascita di Giovanni Battista fino all’arrivo di S. Paolo a Roma. Si tratta di mostrare tutto il percorso di questo annuncio da un ambiente provinciale e sperduto dell’impero, quale la Palestina dei tempi di Gesù, fino al centro della civiltà di allora: Roma.

Per questo la sua opera comincia a Gerusalemme, in pieno ambiente giudaico, ed in una delle attività più schiettamente giudaiche: il culto del tempio; per giungere a chiudersi a Roma, il centro del mondo, subito dopo che Paolo ha deciso di consacrarsi totalmente ai pagani, abbandonando i giudei increduli. La salvezza, da promessa ad un popolo determinato e solitario, è diventata universale.

Gesù Cristo, è al centro di questa trasformazione, in lui trovano compimento le promesse divine del passato, testimoniate dall’AT; da Lui parte tutto il movimento di annuncio della buona novella che è sostenuto dallo Spirito Santo. Il grande esegeta tedesco Conzelmann ha sintetizzato la concezione della Storia della Salvezza propria di Luca, definendo Gesù “IL CENTRO DEL TEMPO”, perché la rivelazione divina agli uomini può agevolmente essere suddivisa in tre tappe

1.      Prima della predicazione di Gesù, si situa il tempo della PROMESSA. Nella sua prospettiva universale, Lc fa risalire la genealogia di Gesù fino ad Adamo, questi diviene così il vero inizio della promessa, (testimoniata da tutti i profeti e dall’antico testamento) che nella sua ottica si chiude con la figura di Giovanni Battista: infatti “La legge ed i profeti vanno fino a Giovanni. Poi la Buona Novella del Regno di Dio viene annunciata, ed ogni uomo si sforza di entrarvi” (16,16).

2.      Con Gesù al centro del tempo, risuona l’annuncio della buona novella.

3.      Dopo l’ascensione comincia il tempo della Chiesa, durante il quale, lo Spirito Santo che riposava su Gesù, viene comunicato ai credenti perché divengano, a loro volta annunciatori del vangelo.

Abbiamo quindi il TEMPO DELLA PROMESSA, il TEMPO DELLA SALVEZZA, ed il TEMPO DELLA TESTIMONIANZA.

A questa struttura che sottolinea le suddivisioni temporali, l’opera di Luca sovrappone una divisione parallela di tipo geografico, come già abbiamo accennato; il terzo vangelo infatti si compie soprattutto a Gerusalemme, dove si situano la passione, tutte le apparizioni del risorto (a differenza di Mt e Gv), l’Ascensione, e da cui partono i racconti degli Atti (Atti 1,8).

Lo schema geografico si muove dalla Galilea attraverso un lungo viaggio che porterà Gesù a Gerusalemme fino alla via del Calvario (Luca é il solo che descrive la Via Crucis). Con la pasqua non si interrompe il cammino di Gesù che va incontro ai suoi discepoli sulla via di Emmaus e sale al Padre “camminando verso il cielo”.

Con la fine del cammino di Gesù comincia il cammino della Chiesa, che partendo da Gerusalemme fa a ritroso il cammino del Salvatore, fino agli estremi confini della terra.

L’inizio del vangelo di Lc (1,1-4,13), dedicato a Giovanni Battista ed alla preparazione del ministero di Gesù, non fa parte di questa bella sintesi geografica, ed il suo contenuto mostra come non abbiamo in questi testi solo notizie sul momento iniziale del Vangelo, ma una presentazione anticipata ed in forma diversa di tutto il contenuto pasquale del messaggio. Infatti nei racconti dell’infanzia si mostra Gesù profondamente radicato nel vero cuore spirituale del suo popolo: i poveri e gli umili che confidano solo in Dio. Nella parte seguente, che va dal Giordano a Nazareth, risalta la figura di Gesù Figlio del Padre, profeta potentemente riempito di Spirito Santo, che viene rigettato dai suoi. Abbiamo cosi in questa prima parte del vangelo una “riflessione-narrata”, sul mistero della persona stessa di Gesù: Vero uomo e Vero Dio.

Uno schema più approfondito di questo vangelo rischia di diventare inutile, quello che segue è invece il tentativo di sottolineare alcuni dei passaggi più importanti in una visione di insieme:

I-PRELIMINARI (1,1-4,30)

·         Infanzia: Gesù, Figlio di Dio e Figlio di un Popolo della terra.

·         Dal Giordano a Nazareth: Gesù Figlio di Dio e profeta perfetto, rigettato dal suo popolo.

II-IN GALILEA (4,31-9,50)

In mezzo ad una folla instabile ed attenta, in confronto con degli avversari ben presto mostratisi (5,17-6,1l), Gesù:

1.      – raduna i suoi discepoli (5,1-11; 5,27-32; 6,12-16),

2.      – li forma con la sua Parola (6,20-49; 8,4-21; 9,22-27).

3.      – li forma attraverso l’azione (9,1-16)

4.      – si rivela pienamente alla loro fede (9,18-21.28-36)

·         Gli incontri con la vedova, la peccatrice, fanno intravedere la grandezza umana del Cristo (7)

·         Gli atti di potenza permettono di intravedere la sua grandezza sovrumana (8,22-56)

III-IN VIAGGIO (9,31-19,44)

Tra i molteplici temi, i più importanti sembrano:

·         – l’ampliamento del gruppo dei discepoli e del loro campo di azione (9,51-10,24)

·         – il Comandamento più grande (10,25-37)

·         – la preghiera (11,1-13)

·         – la misericordia (15)

Culminando con la salita messianica verso Gerusalemme, che segue lo schema di Marco con alcune aggiunte: (18,31-19,48)

IV-A GERUSALEMME (20-24)

·         – Nel tempio: cacciata dei mercanti (19,45-48) controversie (20,1-21,4) discorso sugli ultimi tempi (21,5ss)

·         – L’ultima cena e la passione (22,1-23,56)

·         – Le apparizioni del Risorto (24)


Il senso del tempo

Lo schema temporale e geografico, e questo primo tentativo di schema tematico del vangelo di Luca; mostrano una certa differenza nei confronti della predicazione primitiva. Le prime comunità, nate dall’esperienza profondamente impressionante della pasqua, erano convinte che con la resurrezione di Gesù il Tempo dell’umanità era veramente “compiuto”, nel senso di finito. Questo veniva interpretato, assieme a tutte le frasi di Gesù sulla prossimità del giudizio di Dio, come un annuncio della imminente fine del mondo e del conseguente giudizio universale.

Questa attesa nei primi anni si fece a volte spasmodica, venne poi via via ridimensionandosi con il passare del tempo, e Lc, che scrive intorno agli anni 70, comincia ormai a riflettere sulla errata comprensione da cui era partita. Il risultato della sua riflessione è la presa di coscienza che dopo “il tempo di Gesù”, é iniziato “il TEMPO della Chiesa”.

Luca distingue tempo di Gesù e Tempo della Chiesa, ma non li separa. Ambedue fanno parte dei nuovi tempi in cui si compiono le promesse dell’AT.

L’OGGI del tempo di Gesù, vale per sempre. L’oggi, che era risuonato nella sinagoga di Nazareth, dopo quello della sua nascita e prima di quello della sua morte, l’oggi della salvezza, è l’oggi che la Chiesa proclama come continuamente attuale. La sua missione specifica infatti è proprio di annunciarlo fino ai confini della terra, questo unico tempo che in qualche modo esiste raddoppiato. Infatti Luca ha una profonda coscienza dell’importanza dell’ascensione per il tempo e la storia dell’uomo.

Secondo Luca infatti era “prima” necessario che Gesù morisse e risorgesse per far proclamare a tutte le nazioni dalla sua Chiesa la Buona novella; sostenendo dalla sua posizione di Salvatore Glorificato, attraverso la potenza dello Spirito Santo, questo annuncio. L’effetto della pasqua è innanzi tutto questa comunicazione dello Spirito, che non riposa più soltanto su Gesù, ma su tutti i credenti.

Certamente sia prima che dopo la pasqua Gesù è il solo Signore ed il solo Salvatore, ma il suo modo di essere presente non è più lo stesso: dopo l’ascensione è attraverso lo Spirito e la Parola che resta presente ed attivo tra i suoi. La storia della salvezza, che segue la pasqua, è quindi una storia di uomini, fatta da uomini che sotto l’azione della Parola di Dio e dello Spirito, la vivono e la provocano. Una storia che ha un chiaro obiettivo, una meta da raggiungere: portare l’annuncio della Buona Novella fino agli estremi confini della terra.

La tavolozza del pittore
STILE E TEMATICHE FONDAMENTALI

Questa riflessione sul senso della storia e della vita della Chiesa, è centrale per la comprensione dell’opera di Luca, che rilegge l’annuncio del Cristo alla luce di questa consapevolezza più chiara, con l’evidente risultato che della vita di Gesù viene messo in particolare risalto tutto quello che può permettere, ad una chiesa destinata ad un compito terreno relativamente lungo, di poter assolvere in pienezza la sua vocazione.

Questo particolare contesto determina non solo il contenuto dell’opera di Luca, che esamineremo in seguito, ma anche il suo stile; Luca infatti é un vero autore ed esprime attraverso il suo personale modo di raccontare la sua sensibilità e la sua fede, cioè la sensibilità e la fede di un Cristiano della seconda generazione, dotato da Dio della ricchezza del dono dello Spirito, ed attento custode dei ricordi della vita di Gesù.

Se dovessimo descrivere il vangelo di Luca come si descrive l’opera pittorica di un artista, non potremmo fare a meno di notare che il colore di sfondo preferito da Luca é la MISERICORDIA. Dio é giunto con Gesù a visitare il suo popolo non per attuare un giudizio ma per indire un tempo di grazia e perdono (4,19). É proprio al centro della sua opera che in un grande affresco Luca mostra questo amore del Padre (15) che attende teneramente il figlio prodigo. Gesù mostra visibilmente questa tenerezza del Padre nel suo comportamento, nel suo stile di contatto con gli uomini. Tutti coloro che vogliono essere liberati dal male trovano in lui accoglienza ed attenzione, senza esclusione di categoria. Proprio per questa scelta della misericordia, il Gesù di Luca interviene sempre vigorosamente in favore dei malati, dei poveri, dei peccatori. É addirittura l’amico dei Pubblicani e dei peccatori (7,34).

Per questo negli incontri col Salvatore sono sempre messi in primo piano gli ultimi: i samaritani, i pubblicani, le donne. Sono proprio le donne che hanno nel vangelo di Luca un ruolo particolarmente importante: è attraverso di loro che giunge la salvezza (Maria, Elisabetta, Anna); e sono loro che collaborano alla sua attuazione (8,1-3; l0,38-42). Nella vita della chiesa primitiva il loro posto sarà di primo piano (Maria At 1,14; la madre di Giovanni-Marco At 12,12 etc.). Questa tenerezza di Dio, che Gesù ha rivelato, dovrà diventare il metro di comportamento del Discepolo fedele (6,36).

L’ottimismo determinato dalla fiducia nella misericordia divina, che percorre tutta l’opera di Luca, non la rende però irreale. Il suo ottimismo infatti non nasconde le difficoltà e le ombre. Con una chiara sottolineatura l’evangelista evidenzia la responsabilità del discepolo di fronte alla salvezza che Dio gli offre; questo Dio così tenero ed accogliente verso i peccatori, è d’altra parte altrettanto terribilmente esigente nei confronti dei suoi amici.

Bisogna fare la scelta di Dio senza rallentamenti, nell’OGGI della salvezza. Bisogna portare ogni giorno la propria CROCE perchè chi guarda indietro non è degno del Regno dei cieli.

Nei confronti poi dei potenti, (1,51-52) che cercano la propria consolazione nella ricchezza; dei CAPI RELIGIOSI, che allontanano i poveri da Dio, invece di avvicinarli; il Gesù di Luca è di una severità e durezza uniche (6,24; 10,31; l8,10-l4).

Su questo contrasto di tinte che determinano la verità di ogni vita di fede, Luca dipinge l’esperienza di contatto con Gesù con le tinte della gioia. Infatti di fronte alla salvezza offerta da Dio la reazione dell’uomo salvato non può essere che di gioia e di canto; come Zaccaria, Maria, gli angeli e Simeone, nel Vangelo dell’infanzia. Come i poveri, felici perchè la loro situazione di miseria sta per finire (6,20). Come la festa piena di musica e di danze che accompagna il ritrovamento del Figlio prodigo (15,25). Come le folle che davanti ai segni di salvezza operati da Gesù, si rallegrano rendendo lode a Dio (5,26; 13,17 etc.). Come i 72 discepoli che tornano dalla Missione pieni di gioia (10,17). Come Zaccheo che ugualmente pieno di gioia accoglie il Signore (19,16). Infine come gli apostoli che all’alba della chiesa primitiva, dopo che Gesù é salito al cielo, tornano a Gerusalemme PIENI DI GIOIA (24,41-52). Se la gioia é una specie di marchio di fabbrica, che fa riconoscere a colpo d ‘occhio un brano evangelico di Luca, mostrando così di essere uno dei temi portanti del suo testo, non meno dobbiamo dire della preghiera. Ed in realtà questo non è strano, perché le esigenze della chiesa di Luca che doveva affrontare un lungo tempo di attesa del Signore e di predicazione del Vangelo ad ogni creatura, mostravano proprio queste esigenze: la preghiera, la gioia Cristiana, la disponibilità a seguire il Signore in una coerenza difficile ed impegnativa.

Luca è profondamente cosciente, e non manca di ricordarlo ad ogni occasione: che per accogliere la misericordia di Dio, e vivere il distacco dai beni in una perfetta disponibilità al Vangelo, la preghiera, e assolutamente necessaria. Luca ama sottolineare questo mostrando Gesù in preghiera soprattutto nei momenti più importanti della sua vita: il battesimo (3,21), la scelta dei dodici (6,12), la trasfigurazione (9,28). Vedendolo pregare i suoi discepoli provano il desiderio di entrare anche loro in questa relazione con Dio (11,11), e Gesù li invita caldamente attraverso la parabola dell’amico importuno (18,1) , che solo Luca tramanda, a pregare senza interruzione.

Con questa breve panoramica sui tratti caratteristici dell’opera lucana abbiamo mostrato come i temi trattati ed il loro sviluppo nel racconto, seguano un disegno coerente che non deve essere dimenticato: in ogni occasione il miglior esegeta del vangelo di Luca e il vangelo stesso, quando riprende lo stesso argomento, lo sviluppa e lo tratta più avanti con nuovi esempi o nuove parole. Una vera comprensione del significato di un brano di vangelo richiede quindi una vera padronanza di questa panoramica generale, per ricollegare il brano nel suo contesto e far sì che all’interno di tutto il vangelo, per il gioco dei confronti e dei contrasti che vi regna, acquisti tutta la sua ricchezza ed il suo spessore.

I Vangeli dell’infanzia

Il vangelo di Luca inizia dopo il prologo, con quelli che vengono detti i Racconti dell’Infanzia, perché presentano i primi anni della vita di Gesù. Questi racconti sono pervasi da una gioia profonda, che si é trasmessa alle celebrazioni liturgiche che li ricordano, nelle feste di Natale, ma questa gioia non é soltanto l’eco di una nascita; in questi capitoli l’evangelista anticipa già la gioia della pasqua e della pentecoste, infatti sa benissimo che il bambino di cui sta parlando è il Signore Gesù Figlio di Dio. Queste pagine ci preparano a comprendere meglio ciò che seguirà, costituiscono una specie di seconda prefazione a tutto il vangelo.

A questa funzione si accosta quella di costituire una specie di legame tra l’antico ed il nuovo testamento. I personaggi che agiscono infatti sono i rappresentanti di quel resto di Israele che costituisce l’eredità umana del vero spirito dell’antico testamento. Come i loro padri infatti vivono nell’attesa del compimento delle promesse divine; ed insieme a differenza dei loro padri possono già vedere con i loro occhi l’inizio della salvezza, le promesse che cominciano a compiersi.

É una scoperta fatta con gioia ed entusiasmo, per questo si trasforma in canto, ed i canti che Luca mette in bocca a questi personaggi, intessuti con brani dell’antico testamento, sono la sintesi migliore della antichità dell’attesa e della inaudita novità del compimento. Maria e Zaccaria cantano la promessa fatta ad Abramo, Zaccaria parla di David, mentre già l’angelo aveva annunciato a Maria che il Signore avrebbe donato al Bambino il trono di David. Siamo al compimento pieno delle promesse, un compimento che come dice Simeone, gli occhi dei nostri protagonisti già possono vedere. Una comprensione iniziale di questi primi capitoli del vangelo é notevolmente aiutata da un’attenzione alla struttura con cui questi racconti sono accostati l’uno all’altro. Si tratta di una serie di episodi che si ripetono riferendosi in parallelo al precursore ed a Gesù.

Racconti su Giovanni

Racconti su Gesù

L’ANNUNCIAZIONE a Zaccaria 1,5-25 (al tempio)

ed a Maria 1,26-38
(a Nazareth)

La VISITAZIONE : che collega le due storie 1,39-56
accompagnata dal Magnificat.

LA NASCITA DI GIOVANNI 1,57-58
(con vicini e parenti)
LA CIRCONCISIONE DI GIOVANNI
1,59-79
(con il salmo di Zaccaria)
LA VITA NASCOSTA DI GIOVANNI
1,80 (nel deserto)

LA NASCITA DI GESÙ 2,1-20
(con i pastori)
LA CIRCONCISIONE DI GESÙ 2,21
Presentazione 2,22-28
(Salmo di Simeone)
Gesù presso il Padre 2,41-50
(nel tempio)
LA VITA NASCOSTA DI GESÙ
2,39-40.51-52 (a Nazareth)

Questo parallelismo si ripete ad un livello più specifico nei due racconti di annunciazione che seguono lo stesso schema, come anche in molte espressioni che ritornano nei due racconti.

Quanto abbiamo notato spinge a confrontare i due racconti dell’infanzia, ponendo in evidenza una ricca serie di contrasti ed opposizioni. La parte dedicata a Gesù ad esempio è più sviluppata, con il racconto delle due salite al tempio; il testo della Visitazione, che fa da testo di collegamento è centrato quasi esclusivamente su Gesù etc.

Se poi passiamo alle narrazioni delle nascite, possiamo notare come quella di Giovanni sia evocata molto brevemente. Si tratta di un avvenimento familiare, senza grandi ripercussioni, che attira soltanto vicini e parenti. Quella di Gesù al contrario, si estende per ben 20 versetti; mette in scena una liturgia celeste, e persone estranee alla famiglia: i pastori, accorrono alla notizia della nascita.

Per la circoncisione avviene il fenomeno opposto; quella di Gesù viene riferita in modo estremamente breve in un solo versetto; mentre nel caso di Giovanni abbiamo una narrazione più ampia centrata sul problema del nome da dare al bambino.

Contrasti che si mostrano anche tra i personaggi dei due racconti. Abbiamo così il padre di Giovanni battista presentato come un sacerdote in servizio al tempio di Gerusalemme; il suo mutismo testimonia la sua incapacità ad accogliere la parola dell’angelo, cioè la parola di Dio. Maria invece si trova a Nazareth, ben lontano dalla città santa, ed il testo elogia la sua capacità di ascolto. Il testo non mostra inoltre dei sacerdoti che accolgano ufficialmente Gesù al tempio dopo la purificazione, ma soltanto un pio vegliardo ed una profetessa.

I movimenti dei due personaggi sono inoltre in qualche modo contrari: il racconto di Giovanni parte dal tempio per finire nel deserto. Quello di Gesù parte da Nazareth per culminare al tempio, prima del ritorno finale a Nazareth. Le stesse descrizioni dei due fanciulli sono diversificate, sottolineando una maggiore dignità di Gesù: Giovanni non è altri che un profeta che prepara la venuta di quest’ultimo, il Salvatore.

Questa complessa struttura che abbiamo riconosciuto presente nei due primi capitoli di Luca non può certo essere casuale, e ci spinge quindi a ricercare quale significato intenda comunicare.

Innanzi tutto il parallelismo mostra la volontà chiara di situare Giovanni e Gesù in rapporto, o meglio il primo in funzione del secondo. Per i primi cristiani, la comprensione di questo fatto che a noi appare evidente non era così semplice; Giovanni Battista aveva assunto una importanza notevole nella palestina contemporanea a Gesù, e comprendere come la sua missione si armonizzasse o fosse stata sostituita da quella di Gesù, non era facile. Secondo la presentazione di Luca, appare evidente che Giovanni e Gesù, senza dubbio, fanno parte dello stesso progetto di Dio.

Se però questi due personaggi sono parti di un unico progetto divino, la dissimmetria e le opposizioni notate, mostrano in modo evidente la superiorità di Gesù. Giovanni fa ancora parte del tempo dell’attesa, del tempo dell’Antico Tempio. É l’ultimo virgulto di questo tempo. Con Gesù si apre il tempo nuovo, della Liberazione, della Salvezza. Il primo nasce e vive in funzione del secondo.

Gli stessi titoli, riferiti a Gesù da voci autorevoli (l’angelo, persone “ripiene di Spirito Santo”; Gesù stesso nel tempio) sono immensamente più grandi di quelli riservati a Giovanni Infatti se di Giovanni si può dire che è un grande profeta, Gesù è il Signore ed il Salvatore. É la fede piena nel Cristo risorto che si esprime dietro questi primi due capitoli di Luca.

Con una notevole abilità di strutturazione, in questi capitoli Luca sta in realtà descrivendo la storia della salvezza: Dio si è compromesso con la storia degli uomini intervenendo per proporre loro un progetto di salvezza. I racconti sul precursore ancora bambino sottolineano l’idea che Dio ha cominciato il suo progetto insegnando progressivamente ad un popolo a sperare in questa salvezza. Mentre nei racconti sul Salvatore bambino questa salvezza viene offerta come reale e vicina: ai pastori, a Maria, a tutti coloro che rappresentano il popolo in attesa della salvezza Dio la offre in Gesù. Questo annuncio che è già vangelo, che è già buona novella, in sé completa, troverà nel resto del testo di Luca uno sviluppo ed una trattazione più adeguata sui modi, i tempi ed il significato per tutti gli uomini di questa offerta divina di salvezza.

Dal Giordano a Nazareth

Il battesimo

Nella nostra trattazione sulla struttura generale del vangelo di Luca, abbiamo visto come il racconto evangelico rientra nello schema geografico solo dopo i primi tre capitoli, quando la figura di Giovanni Battista viene tolta di scena e Gesù inaugura, nella Sinagoga di Nazareth il suo ministero di annunciatore del regno di Dio.

In questa parte introduttiva del vangelo almeno due episodi meritano una particolare attenzione per il significato che assumono nei confronti del restante contesto, e sono il battesimo di Gesù ed il brano delle tentazioni.

Quando pensiamo al battesimo di Gesù siamo normalmente presi dal riferimento ad una immagine standard: Gesù nell’acqua del Giordano viene battezzato da Giovanni mentre lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, scende su di Lui. Questa immagine mostra alcune diversità rispetto al racconto di Luca, sulle quali vale la pena di porre la nostra attenzione.

* – Quando Luca parla della discesa dello Spirito su Gesù (3,22) Giovanni e già stato incarcerato da Erode (3,19-20), la sua missione è finita prima che quella di Gesù abbia inizio.

* – Al v 21 il testo riferisce “quando tutto il popolo era stato battezzato, Gesù, battezzato a sua volta pregava; allora il cielo si aprì; lo Spirito Santo discese…”. Questo testo può essere compreso in vari modi dato che Giovanni era in carcere

·         a) Se il senso è che Gesù è stato appena battezzato, quando lo Spirito discende, allora Luca lascerebbe capire che Gesù non ha ricevuto il Battesimo da Giovanni, ma forse da uno dei discepoli di Giovanni, dopo l’incarceramento di questo. Questa è l’interpretazione che danno alcuni antichi commentatori di Luca.

·         b) Se invece Luca sottintende come gli altri evangelisti che Gesù è stato battezzato da Giovanni, cosa più credibile; bisogna ipotizzare che alcuni giorni siano passati tra il battesimo di Gesù e la discesa dello Spirito, perchè potesse, in questo intervallo, venir arrestato Giovanni.

·         c) Una terza ipotesi è che Luca sottintenda che Gesù è stato battezzato da Giovanni e che l’apparizione dello Spirito sia avvenuta immediatamente dopo; ma è così preoccupato di dividere il ministero di Giovanni da quello di Gesù in modo molto netto, da costruire un testo non chiaro, nel quale l’incarceramento di Giovanni viene anticipato e Gesù diventa l’ultimo o uno degli ultimissimi battezzati da Giovanni.

Il verbo greco, che traduciamo con “battezzato”, indica che il battesimo di Gesù e della folla era già avvenuto quando discese lo Spirito, ma non specifica se da pochi minuti o da vari giorni, e quindi non può aiutarci a risolvere la questione in modo sicuro.

Dietro queste annotazioni, che sembrano strane, o eccessivamente curiose, c’è la percezione che Luca attua in questo passo una svolta importante del suo vangelo. A rischio di divenire oscuro, come suggerisce la terza ipotesi che in realtà considero la migliore, Luca fa di tutto per dividere con chiarezza Giovanni e la sua azione dal momento in cui il Padre e lo Spirito si manifestano su Gesù. “Tutto il popolo era stato battezzato”; quasi a dire che non c’era più nulla da fare per il Battezzatore, la sua missione era finita, e questo vien sottolineato dall’indicazione che Giovanni è posto in carcere, ormai completamente fuori gioco. Perchè come dirà poi Gesù, “la legge ed i profeti”, cioè l’Antico Testamento vanno fino a Giovanni, poi inizia il tempo del Figlio, e questo tempo inizia con una investitura solenne.

L’inizio del Regno non viene tanto indicato dal Battesimo di Gesù, ma dalla manifestazione divina che si compie di fronte a tutto il popolo ed in un momento importante (Gesù prega come in tutti i momenti importanti nel vangelo di Luca), della vita di Gesù, pochi istanti o pochi giorni dopo il suo battesimo.

Potremmo parlare di una specie di pentecoste che inaugura la missione terrena di Gesù. Si tratta anche qui dello stesso Spirito che agisce nella storia dell’universo ad ogni nuovo inizio delle grandi opere di Dio. Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque all’inizio dei tempi (Gn 1,2); si posa su Gesù all’inizio dell’era della Rivelazione del regno (cfr.3,22 e 4,18); inaugurerà nel cenacolo della Pentecoste il tempo della Chiesa (At 2).

Le tentazioni

Il racconto della tentazione di Gesù nel vangelo di Luca, provoca nel lettore un’impressione di stranezza, certo di diversità da molti altri brani; infatti il significato di questo racconto non traspare con evidenza, come mostrano anche le molte interpretazioni diverse che ne vengono date.

Per alcuni commentatori il fine sarebbe quello di giustificare perché Gesù non abbia fatto alcuni miracoli straordinari che i suoi contemporanei si attendevano da lui. Per altri si tratterebbe di un racconto edificante destinato ad incoraggiare i discepoli a combattere la tentazione, secondo l’esempio del Signore. Per altri ancora il significato sarebbe di combattere alcune frange di cristiani che danno eccessiva importanza ai miracoli, ricordando che é più importante l’obbedienza e la fiducia in Dio di qualsiasi miracolo.

Probabilmente ognuna di queste interpretazioni si basa su un vero significato del testo, ma l’intenzione dell’evangelista sembra ancora diversa, ed un fatto può portarci sulla giusta strada: ognuna delle tre risposte che Gesù da al demonio é tratta dal libro del Deuteronomio.

Nella prima tentazione é conservato il ricordo di Dt 8,2-5 “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quaranta anni nel deserto… per metterti alla prova…ti ha fatto provare la fame e poi ti ha nutrito di manna…per farti capire che l’uomo non vive di solo pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore”. Ci sono però rispetto al racconto del Deuteronomio anche delle differenze: non é Dio, ma lo Spirito che conduce Gesù nel deserto, e non é Dio a provare-tentare, ma il demonio.

Il senso allora appare chiaro: Gesù ha vissuto la stessa prova di Israele, ma contrariamente a questo, Egli riesce a superarla mettendo a frutto la lezione di saggezza del Deuteronomio.

Nella seconda tentazione (la terza per Matteo) il riferimento é a Dt 6,12-13 dove Israele fu tentato di conquistare il potere sulla terra promessa tramite l’idolatria, fidando più nel culto degli dei del paese di Canaan che nella fiducia in Dio. Gesù é tentato di ottenere un potere terreno con l’appoggio del demonio come Israele era stato tentato di averlo con l’appoggio dell’idolatria ed aveva ceduto alla tentazione creandosi un idolo che li guidasse nella conquista (cfr Es 32).

Nella terza tentazione la risposta di Gesù si riferisce a Dt 6,16. Questo versetto si ricollega all’episodio di Massa e Meriba, quando gli ebrei chiesero a Dio un miracolo per non morire di sete nel deserto (cfr Es 17,1-7). In quel contesto il termine “tentare Dio” che viene ripreso da Luca, ha il senso di pretendere da Dio una prova della sua vicinanza, della sua fedeltà all’alleanza. Si mette in dubbio la sua parola, la sua capacità di mantenere fede alle promesse. Ed è proprio a questo livello che il confronto diviene calzante, infatti Gesù non e tentato riguardo alla sete, come Israele, ma come il popolo é tentato riguardo alla fiducia in una promessa di protezione da parte del Signore, ed ancora una volta a differenza del popolo non cade nella tentazione.

Questi continui riferimenti all’esperienza di Israele nel deserto ci danno una chiave per intendere il senso del testo che un esegeta contemporaneo J.Dupont (Les tentations de Jesus au desert-1968) sintetizza: “Gesù vive di nuovo nel deserto le tentazioni del popolo eletto; ma mentre quello cedette, Lui riesce vittorioso mettendo a frutto gli insegnamenti che il Deuteronomio aveva dedotti dalla esperienza di Israele”. Gesù é quindi il vero popolo fedele, il vero nuovo Israele, il vero Figlio di Dio. In Lui il destino di Israele trova il suo compimento. Inoltre nelle parole del Demonio si riconosce un concetto di Messia che Gesù rifiuta: “se tu sei Figlio di Dio…” dice il demonio, cioé se corrispondi all’idea di messia del popolo, allora dovresti comportarti assecondando le tentazioni. Scegliendo un modo politico, mondano di essere messia, che Gesù invece rifiuta decisamente, ricollegandosi ad un modo diverso di comprendere il messianismo, segnato dalla fiducia in Dio e dalla obbedienza totale alla sua parola. In questo modo Gesù indica nell’ascolto obbediente della Parola una via sicura per superare la tentazione.

https://comboni2000.org/2021/02/06/lectio-sul-vangelo-di-luca-1/


 

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