Il vangelo di Luca (1)
Una introduzione alla lettura spirituale
Marconi Nazzareno
I Primi passi per leggere il Vangelo di Luca
Chi è Luca?
Fin dalla fine del secondo secolo S.
Ireneo attribuisce il terzo vangelo a Luca: un medico, amico di Paolo e citato
almeno tre volte nelle sue lettere. Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema. (Col 4,14) …con Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei
collaboratori (File
24). Cerca di venire presto da me,
perché Dema mi ha abbandonato avendo preferito il secolo presente ed è partito
per Tessalonica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è
con me. Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero. (2Tim 4,9)
Ireneo, desideroso di sottolineare
l’autorità di Luca, lo presenta non solo come un discepolo di Paolo, ma come
uno stretto collaboratore che lo avrebbe accompagnato in quasi tutti i suoi
viaggi. Questo secondo alcuni studiosi sarebbe confermato dal comparire, nel
libro degli Atti, di quelle che si chiamano le sezioni “noi”. Si tratta delle
parti in cui l’autore dice “noi”, lasciando intendere che abbia personalmente
partecipato ai fatti che narra. Queste sezioni iniziano con l’ingresso di Paolo
nel territorio europeo come narra Atti 16,10-17, e continuano, con alcune
interruzioni, fin quasi alla fine del libro.
Abbiamo però un altro documento antico
anonimo, conservato come prologo al terzo vangelo in molti manoscritti, che
presenta le cose in maniera diversa.
“Luca era siriano, originario di Antiochia, medico e discepolo
degli apostoli. Più tardi seguì Paolo fino al suo martirio.” Luca dunque non sarebbe stato un
figlio spirituale di Paolo come Timoteo e Tito, l’avrebbe raggiunto invece a
metà della sua missione, dopo essere stato formato alla fede in oriente, con
l’influenza diretta degli altri apostoli.
La descrizione di Ireneo in realtà
presenta delle difficoltà: se infatti Luca è con Paolo dall’ingresso in
Macedonia, perché non si parla di lui nelle lettere del 2° e 3° viaggio? Ma
soprattutto abbiamo pochi contatti tra le lettere di Paolo e l’opera lucana in
quanto hanno di più personale e non semplicemente di riferito ad una tradizione
antica e comune, come il testo eucaristico di 1Cor 11:23-25 (cfr. Lc 22:14-20).
Molte cose diventano invece più chiare
se ipotizziamo che Luca abbia raggiunto Paolo più tardi, magari a Roma o forse
già a Cesarea di Palestina, infatti il viaggio per mare è una delle sezioni
“noi” di Atti. Avrebbe dunque conosciuto l’Apostolo portando con sé cognizioni
personali sulle tradizioni cristiane siriane e palestinesi e forse dei
materiali già elaborati da utilizzare per la sua opera futura. Di fatto, a
livello di idee, si trova un legame molto più stretto tra l’opera lucana e le
lettere della prigionia (Ef 2,11-22 Col 1,1-16 e 21-29). Con le lettere
pastorali poi i contatti sono numerosi e precisi, soprattutto in relazione ai
capitoli sull’infanzia di Gesù. Alcuni autori ritengono addirittura che proprio
Luca abbia redatto queste tre lettere secondo le istruzioni di Paolo. Per
quanto riguarda le sezioni “noi” di Atti, si può pensare che Luca, sentendosi
ormai parte del gruppo dei collaboratori di Paolo, abbia redatto così le
sezioni sulle quali aveva accesso a testimonianze di prima mano.
Gli esegeti hanno cercato conferma nel
linguaggio al fatto che Luca fosse realmente un medico. L’ipotesi non è certo
smentita dalla sua opera, che perlomeno lo conferma come una persona colta e
dotata di un vocabolario, anche tecnico, piuttosto ampio. Un elemento
contrastante rispetto al linguaggio standard e piuttosto popolare degli altri
autori del NT.
Le uniche informazioni certe che
possiamo avere su di lui sono però quelle che derivano dalla lettura della sua
opera dalla quale è bene lasciarsi guidare fin dall’inizio.
Un consiglio per il lettore
Nella nostra esperienza di lettori di
testi contemporanei, si apprende ben presto come sia utile dedicare un po’ di
tempo alla lettura del risguardo copertina di un libro che stiamo iniziando a
leggere. Infatti le informazioni sull’autore, sullo schema generale del libro e
sulla motivazione per cui è stato scritto, costituiscono un aiuto interessante
per una piena comprensione. Spesso se questi risguardi sono opera dell’autore
vi possiamo trovare una storia del libro: nato magari da una serie di
conferenze, da un insieme di articoli, scritto nel corso di un’unica notte
insonne, o steso con un attento lavoro di revisione e correzione che ha preso
degli anni, nel quale un primo abbozzo ha cambiato totalmente fisionomia.
É innegabile che questa serie di
informazioni sull’origine del testo che abbiamo in mano siano determinanti per
indirizzare nel verso giusto la nostra comprensione, anche perché gli studi
moderni sulla psicologia del lettore e dell’atto della lettura mostrano
l’estrema importanza che assume in una lettura, l’atteggiamento di partenza del
lettore: cioè tutta la serie di domande che il lettore si immagina troveranno
risposta nel testo stesso. Se questa aspettativa iniziale parte su binari errati,
la lettura non innescherà quel processo di dialogo testo-lettore che è
indispensabile per una vera comprensione, e la reazione psicologica
inevitabile, è ben espressa dalla frase “questo libro non dice niente”, che
andrebbe letta: “questo libro non risponde alle domande che io gli ho posto fin
dall’inizio della lettura”.
Se noi applichiamo questa constatazione
alla lettura che facciamo dei vangeli, comprendiamo l’importanza di uno studio
che ci permetta di porre al testo le domande giuste, di iniziare cioè la
lettura con una aspettativa corretta, e diventa perciò importante individuare
all’interno del testo la presenza di quei famosi “risguardi di copertina” a cui
accennavamo all’inizio: cioè dei punti in cui il testo parla di sé, della sua
genesi, e dei suoi intenti.
A differenza dei due vangeli precedenti
nel vangelo di Luca possiamo trovare uno di questi testi in cui l’autore si
preoccupa di informare i lettori sulle motivazioni che lo hanno spinto a
scrivere un vangelo. I dati che ci vengono comunicati nei primi 4 versetti del
suo Vangelo sono dunque particolarmente importanti per la comprensione di tutto
il Vangelo di Luca.
Lc 1,1-4 UN RISGUARDO DI COPERTINA
Chi legge gli autori classici, si trova
di fronte ad un modo di scrivere a lui familiare; Luca vuol far vedere che sa
scrivere, e come questi autori dedica il suo testo all’editore: Teofilo, cioè
colui che dovrà curarne la diffusione il più possibile vasta. Luca mostra di
saper bene che sta scrivendo per un pubblico vasto ed attento, e che quello che
dirà varcherà i confini del suo spazio e del suo tempo. Questo fatto deve d’ora
in poi metterci sull’avviso, il testo che ci troviamo di fronte non è un testo
affrettato, una serie di appunti accostati senza ordine dove gli elementi
possono essere tranquillamente scambiati, ma un insieme organico un “racconto
ordinato”, che tiene presente lo svolgimento dei fatti in base alle
testimonianze raccolte, e la fondamentale preoccupazione di operare una
catechesi che rafforzi la fede.
Leggere questo vangelo vorrà quindi
dire accostarci ad una testimonianza vagliata, che ci trasmette il contenuto
dei fatti, ma che non si limita a questo, cerca infatti di ordinare gli
avvenimenti in modo coerente, così che il lettore sia condotto a rafforzare i
dati della propria fede verificandoli con quello che Gesù ha detto e fatto.
Nel suo prologo Luca ci informa quindi
non solo sullo scopo, ma anche sul metodo con cui scrive. Egli certo vuol fare
opera da storico, come lo dimostra la sua intenzione di fare “ricerche
accurate”, e vuol altresì comporre un’opera “ordinata”, ma con tutto ciò non
intende rinunciare a che il suo libro sia una predicazione evangelica, che si
inserisce nello stile e nella corrente di quei primi testimoni oculari che si
fecero “servi della Parola”.
Queste premesse sono immediatamente
riconoscibili mano a mano che ci accostiamo al suo vangelo: la cui composizione
generale infatti mostra chiaramente di dipendere da quella di Marco. In Marco,
dove appariva la struttura della catechesi apostolica più antica, quella
risalente a Pietro, Luca trova uno schema che possa ricollegarsi con chiarezza
a questa tradizione.
Nei testi più antichi del NT abbiamo
resti di questa tradizione originaria che si limitano all’essenziale della fede
e vengono perciò definiti testi di “annuncio del messaggio” o kerigmatici. Essi
trasmettono il mistero pasquale come in 1 Cor 15,lss; a volte preceduto da una
sintesi schematica della vita di Gesù, come in Atti 10,36ss che culmina nel
mistero pasquale. In questo secondo testo si presenta già uno scheletro che
diventerà l’ossatura dei futuri racconti evangelici.
·
a) Galilea –
Giovanni Battista
– (Miracoli e discorsi)
·
b) Giudea *
Passione
·
c) Gerusalemme
*Morte *Resurrezione * Apparizioni
Questo schema, come vedremo, è
facilmente riconoscibile all’interno del vangelo di Luca come struttura
portante, ma Luca non si ferma qui: ha promesso di fare un “resoconto ordinato”
ed esauriente dei fatti evangelici, adatto a spiegare tutto lo svolgersi della
storia della salvezza, per questo aggiunge a questo schema le notizie circa i
racconti della infanzia di Gesù. Fa questo non solo per una preoccupazione di
completezza, ma soprattutto per indicare con chiarezza quella che vedremo sarà
una delle idee portanti del suo vangelo: in tutta la vita di Gesù si è
realizzata, una volta per sempre, la salvezza attesa da tutto l’AT e da tutti
gli uomini di buona volontà; per questo i materiali della infanzia di Gesù sono
presentati in modo tale che già in essi appaia quasi riassunto tutto questo
messaggio di salvezza che costituirà l’ossatura ideale del vangelo.
In seguito, pur muovendosi nella trama
di Marco, Luca con aggiunte ed omissioni importanti, segnerà tutto il vangelo
attraverso un movimento centrale. Soprattutto con quella che viene definita la
“grande interpolazione” (9,51-18,14), e con la soppressione del racconto delle
apparizioni di Gesù risorto in Galilea, Luca presenterà la vita di Gesù come
sviluppata in un grande viaggio verso Gerusalemme. Qui, nella Città Santa,
compiendo il suo mistero pasquale, e portando a compimento le predizioni delle
scritture; Egli verrà esaltato dal Padre, che con ciò darà definitivo
compimento alle sue promesse passate, ed inaugurerà un tempo nuovo della Storia
della Salvezza.
Il risultato di questo lavoro è un
testo estremamente organico, dove i temi si sviluppano con continue riprese e
chiarificazioni progressive.
L’opera
di Luca
VANGELO ED ATTI
Il piano dell’opera di Luca si mostra
in tutta la sua unitarietà non solo all’interno del vangelo, ma anche se
accostiamo questo vangelo al Libro degli Atti, indicato dal nostro autore come
il secondo volume di un’opera in due parti, diretta allo stesso editore e
composta con le stesse finalità. Sono due volumi sugli inizi dell’annuncio
della Buona Novella, dall’Annunciazione della nascita di Giovanni Battista fino
all’arrivo di S. Paolo a Roma. Si tratta di mostrare tutto il percorso di
questo annuncio da un ambiente provinciale e sperduto dell’impero, quale la
Palestina dei tempi di Gesù, fino al centro della civiltà di allora: Roma.
Per questo la sua opera comincia a
Gerusalemme, in pieno ambiente giudaico, ed in una delle attività più
schiettamente giudaiche: il culto del tempio; per giungere a chiudersi a Roma,
il centro del mondo, subito dopo che Paolo ha deciso di consacrarsi totalmente
ai pagani, abbandonando i giudei increduli. La salvezza, da promessa ad un
popolo determinato e solitario, è diventata universale.
Gesù Cristo, è al centro di questa
trasformazione, in lui trovano compimento le promesse divine del passato,
testimoniate dall’AT; da Lui parte tutto il movimento di annuncio della buona
novella che è sostenuto dallo Spirito Santo. Il grande esegeta tedesco
Conzelmann ha sintetizzato la concezione della Storia della Salvezza propria di
Luca, definendo Gesù “IL CENTRO DEL TEMPO”, perché la rivelazione divina agli
uomini può agevolmente essere suddivisa in tre tappe
1.
Prima della
predicazione di Gesù, si situa il tempo della PROMESSA. Nella sua prospettiva
universale, Lc fa risalire la genealogia di Gesù fino ad Adamo, questi diviene
così il vero inizio della promessa, (testimoniata da tutti i profeti e
dall’antico testamento) che nella sua ottica si chiude con la figura di
Giovanni Battista: infatti “La legge ed i profeti vanno fino a Giovanni. Poi la
Buona Novella del Regno di Dio viene annunciata, ed ogni uomo si sforza di
entrarvi” (16,16).
2.
Con Gesù al centro
del tempo, risuona l’annuncio della buona novella.
3. Dopo l’ascensione comincia il tempo della
Chiesa, durante il quale, lo Spirito Santo che riposava su Gesù, viene comunicato
ai credenti perché divengano, a loro volta annunciatori del vangelo.
Abbiamo quindi il TEMPO DELLA PROMESSA,
il TEMPO DELLA SALVEZZA, ed il TEMPO DELLA TESTIMONIANZA.
A questa struttura che sottolinea le
suddivisioni temporali, l’opera di Luca sovrappone una divisione parallela di
tipo geografico, come già abbiamo accennato; il terzo vangelo infatti si compie
soprattutto a Gerusalemme, dove si situano la passione, tutte le apparizioni
del risorto (a differenza di Mt e Gv), l’Ascensione, e da cui partono i
racconti degli Atti (Atti 1,8).
Lo schema geografico si muove dalla
Galilea attraverso un lungo viaggio che porterà Gesù a Gerusalemme fino alla
via del Calvario (Luca é il solo che descrive la Via Crucis). Con la pasqua non
si interrompe il cammino di Gesù che va incontro ai suoi discepoli sulla via di
Emmaus e sale al Padre “camminando verso il cielo”.
Con la fine del cammino di Gesù
comincia il cammino della Chiesa, che partendo da Gerusalemme fa a ritroso il
cammino del Salvatore, fino agli estremi confini della terra.
L’inizio del vangelo di Lc (1,1-4,13),
dedicato a Giovanni Battista ed alla preparazione del ministero di Gesù, non fa
parte di questa bella sintesi geografica, ed il suo contenuto mostra come non
abbiamo in questi testi solo notizie sul momento iniziale del Vangelo, ma una
presentazione anticipata ed in forma diversa di tutto il contenuto pasquale del
messaggio. Infatti nei racconti dell’infanzia si mostra Gesù profondamente
radicato nel vero cuore spirituale del suo popolo: i poveri e gli umili che
confidano solo in Dio. Nella parte seguente, che va dal Giordano a Nazareth,
risalta la figura di Gesù Figlio del Padre, profeta potentemente riempito di
Spirito Santo, che viene rigettato dai suoi. Abbiamo cosi in questa prima parte
del vangelo una “riflessione-narrata”, sul mistero della persona stessa di
Gesù: Vero uomo e Vero Dio.
Uno schema più approfondito di questo
vangelo rischia di diventare inutile, quello che segue è invece il tentativo di
sottolineare alcuni dei passaggi più importanti in una visione di insieme:
I-PRELIMINARI
(1,1-4,30)
·
Infanzia: Gesù,
Figlio di Dio e Figlio di un Popolo della terra.
·
Dal Giordano a
Nazareth: Gesù Figlio di Dio e profeta perfetto, rigettato dal suo popolo.
II-IN
GALILEA (4,31-9,50)
In mezzo ad una folla instabile ed
attenta, in confronto con degli avversari ben presto mostratisi (5,17-6,1l),
Gesù:
1.
– raduna i suoi
discepoli (5,1-11; 5,27-32; 6,12-16),
2.
– li forma con la
sua Parola (6,20-49; 8,4-21; 9,22-27).
3.
– li forma
attraverso l’azione (9,1-16)
4. – si rivela pienamente alla loro fede
(9,18-21.28-36)
·
Gli incontri con
la vedova, la peccatrice, fanno intravedere la grandezza umana del Cristo (7)
·
Gli atti di
potenza permettono di intravedere la sua grandezza sovrumana (8,22-56)
III-IN
VIAGGIO (9,31-19,44)
Tra i molteplici temi, i più importanti
sembrano:
·
– l’ampliamento
del gruppo dei discepoli e del loro campo di azione (9,51-10,24)
·
– il Comandamento
più grande (10,25-37)
·
– la preghiera
(11,1-13)
·
– la misericordia
(15)
Culminando con la salita messianica
verso Gerusalemme, che segue lo schema di Marco con alcune aggiunte:
(18,31-19,48)
IV-A
GERUSALEMME (20-24)
·
– Nel tempio:
cacciata dei mercanti (19,45-48) controversie (20,1-21,4) discorso sugli ultimi
tempi (21,5ss)
·
– L’ultima cena e
la passione (22,1-23,56)
·
– Le apparizioni
del Risorto (24)
Il senso del tempo
Lo schema temporale e geografico, e
questo primo tentativo di schema tematico del vangelo di Luca; mostrano una
certa differenza nei confronti della predicazione primitiva. Le prime comunità,
nate dall’esperienza profondamente impressionante della pasqua, erano convinte
che con la resurrezione di Gesù il Tempo dell’umanità era veramente “compiuto”,
nel senso di finito. Questo veniva interpretato, assieme a tutte le frasi di
Gesù sulla prossimità del giudizio di Dio, come un annuncio della imminente
fine del mondo e del conseguente giudizio universale.
Questa attesa nei primi anni si fece a
volte spasmodica, venne poi via via ridimensionandosi con il passare del tempo,
e Lc, che scrive intorno agli anni 70, comincia ormai a riflettere sulla errata
comprensione da cui era partita. Il risultato della sua riflessione è la presa
di coscienza che dopo “il tempo di Gesù”, é iniziato “il TEMPO della Chiesa”.
Luca distingue tempo di Gesù e Tempo
della Chiesa, ma non li separa. Ambedue fanno parte dei nuovi tempi in cui si
compiono le promesse dell’AT.
L’OGGI del tempo di Gesù, vale per
sempre. L’oggi, che era risuonato nella sinagoga di Nazareth, dopo quello della
sua nascita e prima di quello della sua morte, l’oggi della salvezza, è l’oggi
che la Chiesa proclama come continuamente attuale. La sua missione specifica
infatti è proprio di annunciarlo fino ai confini della terra, questo unico
tempo che in qualche modo esiste raddoppiato. Infatti Luca ha una profonda
coscienza dell’importanza dell’ascensione per il tempo e la storia dell’uomo.
Secondo Luca infatti era “prima”
necessario che Gesù morisse e risorgesse per far proclamare a tutte le nazioni
dalla sua Chiesa la Buona novella; sostenendo dalla sua posizione di Salvatore
Glorificato, attraverso la potenza dello Spirito Santo, questo annuncio.
L’effetto della pasqua è innanzi tutto questa comunicazione dello Spirito, che
non riposa più soltanto su Gesù, ma su tutti i credenti.
Certamente sia prima che dopo la pasqua
Gesù è il solo Signore ed il solo Salvatore, ma il suo modo di essere presente
non è più lo stesso: dopo l’ascensione è attraverso lo Spirito e la Parola che
resta presente ed attivo tra i suoi. La storia della salvezza, che segue la
pasqua, è quindi una storia di uomini, fatta da uomini che sotto l’azione della
Parola di Dio e dello Spirito, la vivono e la provocano. Una storia che ha un
chiaro obiettivo, una meta da raggiungere: portare l’annuncio della Buona
Novella fino agli estremi confini della terra.
La tavolozza del pittore
STILE E TEMATICHE FONDAMENTALI
Questa riflessione sul senso della
storia e della vita della Chiesa, è centrale per la comprensione dell’opera di
Luca, che rilegge l’annuncio del Cristo alla luce di questa consapevolezza più
chiara, con l’evidente risultato che della vita di Gesù viene messo in
particolare risalto tutto quello che può permettere, ad una chiesa destinata ad
un compito terreno relativamente lungo, di poter assolvere in pienezza la sua
vocazione.
Questo particolare contesto determina
non solo il contenuto dell’opera di Luca, che esamineremo in seguito, ma anche
il suo stile; Luca infatti é un vero autore ed esprime attraverso il suo
personale modo di raccontare la sua sensibilità e la sua fede, cioè la sensibilità
e la fede di un Cristiano della seconda generazione, dotato da Dio della
ricchezza del dono dello Spirito, ed attento custode dei ricordi della vita di
Gesù.
Se dovessimo descrivere il vangelo di
Luca come si descrive l’opera pittorica di un artista, non potremmo fare a meno
di notare che il colore di sfondo preferito da Luca é la MISERICORDIA. Dio é
giunto con Gesù a visitare il suo popolo non per attuare un giudizio ma per
indire un tempo di grazia e perdono (4,19). É proprio al centro della sua opera
che in un grande affresco Luca mostra questo amore del Padre (15) che attende
teneramente il figlio prodigo. Gesù mostra visibilmente questa tenerezza del
Padre nel suo comportamento, nel suo stile di contatto con gli uomini. Tutti
coloro che vogliono essere liberati dal male trovano in lui accoglienza ed
attenzione, senza esclusione di categoria. Proprio per questa scelta della
misericordia, il Gesù di Luca interviene sempre vigorosamente in favore dei
malati, dei poveri, dei peccatori. É addirittura l’amico dei Pubblicani e dei
peccatori (7,34).
Per questo negli incontri col Salvatore
sono sempre messi in primo piano gli ultimi: i samaritani, i pubblicani, le
donne. Sono proprio le donne che hanno nel vangelo di Luca un ruolo
particolarmente importante: è attraverso di loro che giunge la salvezza (Maria,
Elisabetta, Anna); e sono loro che collaborano alla sua attuazione (8,1-3;
l0,38-42). Nella vita della chiesa primitiva il loro posto sarà di primo piano
(Maria At 1,14; la madre di Giovanni-Marco At 12,12 etc.). Questa tenerezza di
Dio, che Gesù ha rivelato, dovrà diventare il metro di comportamento del
Discepolo fedele (6,36).
L’ottimismo determinato dalla fiducia
nella misericordia divina, che percorre tutta l’opera di Luca, non la rende
però irreale. Il suo ottimismo infatti non nasconde le difficoltà e le ombre.
Con una chiara sottolineatura l’evangelista evidenzia la responsabilità del
discepolo di fronte alla salvezza che Dio gli offre; questo Dio così tenero ed
accogliente verso i peccatori, è d’altra parte altrettanto terribilmente
esigente nei confronti dei suoi amici.
Bisogna fare la scelta di Dio senza
rallentamenti, nell’OGGI della salvezza. Bisogna portare ogni giorno la propria
CROCE perchè chi guarda indietro non è degno del Regno dei cieli.
Nei confronti poi dei potenti,
(1,51-52) che cercano la propria consolazione nella ricchezza; dei CAPI
RELIGIOSI, che allontanano i poveri da Dio, invece di avvicinarli; il Gesù di
Luca è di una severità e durezza uniche (6,24; 10,31; l8,10-l4).
Su questo contrasto di tinte che
determinano la verità di ogni vita di fede, Luca dipinge l’esperienza di
contatto con Gesù con le tinte della gioia. Infatti di fronte alla salvezza
offerta da Dio la reazione dell’uomo salvato non può essere che di gioia e di
canto; come Zaccaria, Maria, gli angeli e Simeone, nel Vangelo dell’infanzia.
Come i poveri, felici perchè la loro situazione di miseria sta per finire
(6,20). Come la festa piena di musica e di danze che accompagna il ritrovamento
del Figlio prodigo (15,25). Come le folle che davanti ai segni di salvezza
operati da Gesù, si rallegrano rendendo lode a Dio (5,26; 13,17 etc.). Come i 72 discepoli che tornano dalla Missione pieni di gioia (10,17). Come Zaccheo che ugualmente pieno di
gioia accoglie il Signore (19,16). Infine come gli apostoli che all’alba della
chiesa primitiva, dopo che Gesù é salito al cielo, tornano a Gerusalemme PIENI
DI GIOIA (24,41-52). Se la gioia é una specie di marchio di fabbrica, che fa
riconoscere a colpo d ‘occhio un brano evangelico di Luca, mostrando così di
essere uno dei temi portanti del suo testo, non meno dobbiamo dire della
preghiera. Ed in realtà questo non è strano, perché le esigenze della chiesa di
Luca che doveva affrontare un lungo tempo di attesa del Signore e di predicazione
del Vangelo ad ogni creatura, mostravano proprio queste esigenze: la preghiera,
la gioia Cristiana, la disponibilità a seguire il Signore in una coerenza
difficile ed impegnativa.
Luca è profondamente cosciente, e non
manca di ricordarlo ad ogni occasione: che per accogliere la misericordia di
Dio, e vivere il distacco dai beni in una perfetta disponibilità al Vangelo, la
preghiera, e assolutamente necessaria. Luca ama sottolineare questo mostrando
Gesù in preghiera soprattutto nei momenti più importanti della sua vita: il
battesimo (3,21), la scelta dei dodici (6,12), la trasfigurazione (9,28).
Vedendolo pregare i suoi discepoli provano il desiderio di entrare anche loro
in questa relazione con Dio (11,11), e Gesù li invita caldamente attraverso la
parabola dell’amico importuno (18,1) , che solo Luca tramanda, a pregare senza
interruzione.
Con questa breve panoramica sui tratti
caratteristici dell’opera lucana abbiamo mostrato come i temi trattati ed il
loro sviluppo nel racconto, seguano un disegno coerente che non deve essere
dimenticato: in ogni occasione il miglior esegeta del vangelo di Luca e il
vangelo stesso, quando riprende lo stesso argomento, lo sviluppa e lo tratta
più avanti con nuovi esempi o nuove parole. Una vera comprensione del significato
di un brano di vangelo richiede quindi una vera padronanza di questa panoramica
generale, per ricollegare il brano nel suo contesto e far sì che all’interno di
tutto il vangelo, per il gioco dei confronti e dei contrasti che vi regna,
acquisti tutta la sua ricchezza ed il suo spessore.
I Vangeli dell’infanzia
Il vangelo di Luca inizia dopo il
prologo, con quelli che vengono detti i Racconti dell’Infanzia, perché
presentano i primi anni della vita di Gesù. Questi racconti sono pervasi da una
gioia profonda, che si é trasmessa alle celebrazioni liturgiche che li
ricordano, nelle feste di Natale, ma questa gioia non é soltanto l’eco di una
nascita; in questi capitoli l’evangelista anticipa già la gioia della pasqua e
della pentecoste, infatti sa benissimo che il bambino di cui sta parlando è il
Signore Gesù Figlio di Dio. Queste pagine ci preparano a comprendere meglio ciò
che seguirà, costituiscono una specie di seconda prefazione a tutto il vangelo.
A questa funzione si accosta quella di
costituire una specie di legame tra l’antico ed il nuovo testamento. I
personaggi che agiscono infatti sono i rappresentanti di quel resto di Israele
che costituisce l’eredità umana del vero spirito dell’antico testamento. Come i
loro padri infatti vivono nell’attesa del compimento delle promesse divine; ed
insieme a differenza dei loro padri possono già vedere con i loro occhi
l’inizio della salvezza, le promesse che cominciano a compiersi.
É una scoperta fatta con gioia ed
entusiasmo, per questo si trasforma in canto, ed i canti che Luca mette in
bocca a questi personaggi, intessuti con brani dell’antico testamento, sono la
sintesi migliore della antichità dell’attesa e della inaudita novità del
compimento. Maria e Zaccaria cantano la promessa fatta ad Abramo, Zaccaria
parla di David, mentre già l’angelo aveva annunciato a Maria che il Signore
avrebbe donato al Bambino il trono di David. Siamo al compimento pieno delle
promesse, un compimento che come dice Simeone, gli occhi dei nostri
protagonisti già possono vedere. Una comprensione iniziale di questi primi
capitoli del vangelo é notevolmente aiutata da un’attenzione alla struttura con
cui questi racconti sono accostati l’uno all’altro. Si tratta di una serie di
episodi che si ripetono riferendosi in parallelo al precursore ed a Gesù.
Racconti su Giovanni |
Racconti su Gesù |
L’ANNUNCIAZIONE
a Zaccaria 1,5-25 (al tempio) |
ed
a Maria 1,26-38 |
La
VISITAZIONE : che collega le due storie 1,39-56 |
|
LA
NASCITA DI GIOVANNI 1,57-58 |
LA
NASCITA DI GESÙ 2,1-20 |
Questo parallelismo si ripete ad un
livello più specifico nei due racconti di annunciazione che seguono lo stesso
schema, come anche in molte espressioni che ritornano nei due racconti.
Quanto abbiamo notato spinge a
confrontare i due racconti dell’infanzia, ponendo in evidenza una ricca serie
di contrasti ed opposizioni. La parte dedicata a Gesù ad esempio è più
sviluppata, con il racconto delle due salite al tempio; il testo della Visitazione,
che fa da testo di collegamento è centrato quasi esclusivamente su Gesù etc.
Se poi passiamo alle narrazioni delle
nascite, possiamo notare come quella di Giovanni sia evocata molto brevemente.
Si tratta di un avvenimento familiare, senza grandi ripercussioni, che attira
soltanto vicini e parenti. Quella di Gesù al contrario, si estende per ben 20
versetti; mette in scena una liturgia celeste, e persone estranee alla
famiglia: i pastori, accorrono alla notizia della nascita.
Per la circoncisione avviene il
fenomeno opposto; quella di Gesù viene riferita in modo estremamente breve in
un solo versetto; mentre nel caso di Giovanni abbiamo una narrazione più ampia
centrata sul problema del nome da dare al bambino.
Contrasti che si mostrano anche tra i personaggi
dei due racconti. Abbiamo così il padre di Giovanni battista presentato come un
sacerdote in servizio al tempio di Gerusalemme; il suo mutismo testimonia la
sua incapacità ad accogliere la parola dell’angelo, cioè la parola di Dio.
Maria invece si trova a Nazareth, ben lontano dalla città santa, ed il testo
elogia la sua capacità di ascolto. Il testo non mostra inoltre dei sacerdoti
che accolgano ufficialmente Gesù al tempio dopo la purificazione, ma soltanto
un pio vegliardo ed una profetessa.
I movimenti dei due personaggi sono
inoltre in qualche modo contrari: il racconto di Giovanni parte dal tempio per
finire nel deserto. Quello di Gesù parte da Nazareth per culminare al tempio,
prima del ritorno finale a Nazareth. Le stesse descrizioni dei due fanciulli
sono diversificate, sottolineando una maggiore dignità di Gesù: Giovanni non è
altri che un profeta che prepara la venuta di quest’ultimo, il Salvatore.
Questa complessa struttura che abbiamo
riconosciuto presente nei due primi capitoli di Luca non può certo essere
casuale, e ci spinge quindi a ricercare quale significato intenda comunicare.
Innanzi tutto il parallelismo mostra la
volontà chiara di situare Giovanni e Gesù in rapporto, o meglio il primo in
funzione del secondo. Per i primi cristiani, la comprensione di questo fatto
che a noi appare evidente non era così semplice; Giovanni Battista aveva
assunto una importanza notevole nella palestina contemporanea a Gesù, e
comprendere come la sua missione si armonizzasse o fosse stata sostituita da
quella di Gesù, non era facile. Secondo la presentazione di Luca, appare
evidente che Giovanni e Gesù, senza dubbio, fanno parte dello stesso progetto
di Dio.
Se però questi due personaggi sono
parti di un unico progetto divino, la dissimmetria e le opposizioni notate,
mostrano in modo evidente la superiorità di Gesù. Giovanni fa ancora parte del
tempo dell’attesa, del tempo dell’Antico Tempio. É l’ultimo virgulto di questo
tempo. Con Gesù si apre il tempo nuovo, della Liberazione, della Salvezza. Il primo
nasce e vive in funzione del secondo.
Gli stessi titoli, riferiti a Gesù da
voci autorevoli (l’angelo, persone “ripiene di Spirito Santo”; Gesù stesso nel
tempio) sono immensamente più grandi di quelli riservati a Giovanni Infatti se
di Giovanni si può dire che è un grande profeta, Gesù è il Signore ed il
Salvatore. É la fede piena nel Cristo risorto che si esprime dietro questi
primi due capitoli di Luca.
Con una notevole abilità di
strutturazione, in questi capitoli Luca sta in realtà descrivendo la storia
della salvezza: Dio si è compromesso con la storia degli uomini intervenendo
per proporre loro un progetto di salvezza. I racconti sul precursore ancora
bambino sottolineano l’idea che Dio ha cominciato il suo progetto insegnando
progressivamente ad un popolo a sperare in questa salvezza. Mentre nei racconti
sul Salvatore bambino questa salvezza viene offerta come reale e vicina: ai
pastori, a Maria, a tutti coloro che rappresentano il popolo in attesa della
salvezza Dio la offre in Gesù. Questo annuncio che è già vangelo, che è già
buona novella, in sé completa, troverà nel resto del testo di Luca uno sviluppo
ed una trattazione più adeguata sui modi, i tempi ed il significato per tutti
gli uomini di questa offerta divina di salvezza.
Dal Giordano a Nazareth
Il battesimo
Nella nostra trattazione sulla
struttura generale del vangelo di Luca, abbiamo visto come il racconto
evangelico rientra nello schema geografico solo dopo i primi tre capitoli,
quando la figura di Giovanni Battista viene tolta di scena e Gesù inaugura,
nella Sinagoga di Nazareth il suo ministero di annunciatore del regno di Dio.
In questa parte introduttiva del
vangelo almeno due episodi meritano una particolare attenzione per il
significato che assumono nei confronti del restante contesto, e sono il
battesimo di Gesù ed il brano delle tentazioni.
Quando pensiamo al battesimo di Gesù
siamo normalmente presi dal riferimento ad una immagine standard: Gesù
nell’acqua del Giordano viene battezzato da Giovanni mentre lo Spirito Santo,
sotto forma di colomba, scende su di Lui. Questa immagine mostra alcune
diversità rispetto al racconto di Luca, sulle quali vale la pena di porre la
nostra attenzione.
* – Quando Luca parla della discesa
dello Spirito su Gesù (3,22) Giovanni e già stato incarcerato da Erode
(3,19-20), la sua missione è finita prima che quella di Gesù abbia inizio.
* – Al v 21 il testo riferisce “quando
tutto il popolo era stato battezzato, Gesù, battezzato a sua volta pregava;
allora il cielo si aprì; lo Spirito Santo discese…”. Questo testo può essere
compreso in vari modi dato che Giovanni era in carcere
·
a) Se il senso è
che Gesù è stato appena battezzato, quando lo Spirito discende, allora Luca
lascerebbe capire che Gesù non ha ricevuto il Battesimo da Giovanni, ma forse
da uno dei discepoli di Giovanni, dopo l’incarceramento di questo. Questa è
l’interpretazione che danno alcuni antichi commentatori di Luca.
·
b) Se invece Luca
sottintende come gli altri evangelisti che Gesù è stato battezzato da Giovanni,
cosa più credibile; bisogna ipotizzare che alcuni giorni siano passati tra il
battesimo di Gesù e la discesa dello Spirito, perchè potesse, in questo
intervallo, venir arrestato Giovanni.
·
c) Una terza
ipotesi è che Luca sottintenda che Gesù è stato battezzato da Giovanni e che
l’apparizione dello Spirito sia avvenuta immediatamente dopo; ma è così
preoccupato di dividere il ministero di Giovanni da quello di Gesù in modo
molto netto, da costruire un testo non chiaro, nel quale l’incarceramento di
Giovanni viene anticipato e Gesù diventa l’ultimo o uno degli ultimissimi
battezzati da Giovanni.
Il verbo greco, che traduciamo con
“battezzato”, indica che il battesimo di Gesù e della folla era già avvenuto
quando discese lo Spirito, ma non specifica se da pochi minuti o da vari
giorni, e quindi non può aiutarci a risolvere la questione in modo sicuro.
Dietro queste annotazioni, che sembrano
strane, o eccessivamente curiose, c’è la percezione che Luca attua in questo
passo una svolta importante del suo vangelo. A rischio di divenire oscuro, come
suggerisce la terza ipotesi che in realtà considero la migliore, Luca fa di
tutto per dividere con chiarezza Giovanni e la sua azione dal momento in cui il
Padre e lo Spirito si manifestano su Gesù. “Tutto il popolo era stato
battezzato”; quasi a dire che non c’era più nulla da fare per il Battezzatore,
la sua missione era finita, e questo vien sottolineato dall’indicazione che
Giovanni è posto in carcere, ormai completamente fuori gioco. Perchè come dirà
poi Gesù, “la legge ed i profeti”, cioè l’Antico Testamento vanno fino a
Giovanni, poi inizia il tempo del Figlio, e questo tempo inizia con una
investitura solenne.
L’inizio del Regno non viene tanto
indicato dal Battesimo di Gesù, ma dalla manifestazione divina che si compie di
fronte a tutto il popolo ed in un momento importante (Gesù prega come in tutti
i momenti importanti nel vangelo di Luca), della vita di Gesù, pochi istanti o
pochi giorni dopo il suo battesimo.
Potremmo parlare di una specie di
pentecoste che inaugura la missione terrena di Gesù. Si tratta anche qui dello
stesso Spirito che agisce nella storia dell’universo ad ogni nuovo inizio delle
grandi opere di Dio. Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque all’inizio dei
tempi (Gn 1,2); si posa su Gesù all’inizio dell’era della Rivelazione del regno
(cfr.3,22 e 4,18); inaugurerà nel cenacolo della Pentecoste il tempo della
Chiesa (At 2).
Le
tentazioni
Il racconto della tentazione di Gesù
nel vangelo di Luca, provoca nel lettore un’impressione di stranezza, certo di
diversità da molti altri brani; infatti il significato di questo racconto non
traspare con evidenza, come mostrano anche le molte interpretazioni diverse che
ne vengono date.
Per alcuni commentatori il fine sarebbe
quello di giustificare perché Gesù non abbia fatto alcuni miracoli straordinari
che i suoi contemporanei si attendevano da lui. Per altri si tratterebbe di un
racconto edificante destinato ad incoraggiare i discepoli a combattere la
tentazione, secondo l’esempio del Signore. Per altri ancora il significato
sarebbe di combattere alcune frange di cristiani che danno eccessiva importanza
ai miracoli, ricordando che é più importante l’obbedienza e la fiducia in Dio
di qualsiasi miracolo.
Probabilmente ognuna di queste
interpretazioni si basa su un vero significato del testo, ma l’intenzione
dell’evangelista sembra ancora diversa, ed un fatto può portarci sulla giusta
strada: ognuna delle tre risposte che Gesù da al demonio é tratta dal libro del
Deuteronomio.
Nella prima tentazione é conservato il
ricordo di Dt 8,2-5 “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha
fatto percorrere in questi quaranta anni nel deserto… per metterti alla
prova…ti ha fatto provare la fame e poi ti ha nutrito di manna…per farti capire
che l’uomo non vive di solo pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca
del Signore”. Ci sono però rispetto al racconto del Deuteronomio anche delle
differenze: non é Dio, ma lo Spirito che conduce Gesù nel deserto, e non é Dio
a provare-tentare, ma il demonio.
Il senso allora appare chiaro: Gesù ha
vissuto la stessa prova di Israele, ma contrariamente a questo, Egli riesce a
superarla mettendo a frutto la lezione di saggezza del Deuteronomio.
Nella seconda tentazione (la terza per
Matteo) il riferimento é a Dt 6,12-13 dove Israele fu tentato di conquistare il
potere sulla terra promessa tramite l’idolatria, fidando più nel culto degli
dei del paese di Canaan che nella fiducia in Dio. Gesù é tentato di ottenere
un potere terreno con l’appoggio del demonio come Israele era stato tentato di
averlo con l’appoggio dell’idolatria ed aveva ceduto alla tentazione creandosi
un idolo che li guidasse nella conquista (cfr Es 32).
Nella terza tentazione la risposta di
Gesù si riferisce a Dt 6,16. Questo versetto si ricollega all’episodio di Massa
e Meriba, quando gli ebrei chiesero a Dio un miracolo per non morire di sete
nel deserto (cfr Es 17,1-7). In quel contesto il termine “tentare Dio” che
viene ripreso da Luca, ha il senso di pretendere da Dio una prova della sua
vicinanza, della sua fedeltà all’alleanza. Si mette in dubbio la sua parola, la
sua capacità di mantenere fede alle promesse. Ed è proprio a questo livello che
il confronto diviene calzante, infatti Gesù non e tentato riguardo alla sete,
come Israele, ma come il popolo é tentato riguardo alla fiducia in una promessa
di protezione da parte del Signore, ed ancora una volta a differenza del popolo
non cade nella tentazione.
Questi continui riferimenti
all’esperienza di Israele nel deserto ci danno una chiave per intendere il
senso del testo che un esegeta contemporaneo J.Dupont (Les tentations de Jesus
au desert-1968) sintetizza: “Gesù vive di nuovo nel deserto le tentazioni del
popolo eletto; ma mentre quello cedette, Lui riesce vittorioso mettendo a
frutto gli insegnamenti che il Deuteronomio aveva dedotti dalla esperienza di
Israele”. Gesù é quindi il vero popolo fedele, il vero nuovo Israele, il vero
Figlio di Dio. In Lui il destino di Israele trova il suo compimento. Inoltre
nelle parole del Demonio si riconosce un concetto di Messia che Gesù rifiuta:
“se tu sei Figlio di Dio…” dice il demonio, cioé se corrispondi all’idea di
messia del popolo, allora dovresti comportarti assecondando le tentazioni.
Scegliendo un modo politico, mondano di essere messia, che Gesù invece rifiuta
decisamente, ricollegandosi ad un modo diverso di comprendere il messianismo,
segnato dalla fiducia in Dio e dalla obbedienza totale alla sua parola. In
questo modo Gesù indica nell’ascolto obbediente della Parola una via sicura per
superare la tentazione.
https://comboni2000.org/2021/02/06/lectio-sul-vangelo-di-luca-1/
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