I vari studiosi affermano che tra il decimo e il dodicesimo secolo
fiorirono in Italia numerose associazioni e confraternite laico-cristiane (confratriae,
scholae), ispirate da una più intensa partecipazione al culto e da un
rifiuto dei costumi corrotti del clero. Scopo di queste confraternite era
quello di lodare e ringraziare Dio attraverso la preghiera, la penitenza e il
canto collettivo. La struttura di quelle primitive intonazioni era certamente
elementare, impostata su brevi periodi ripetuti più volte, simile a quella
dell'inno o della sequenza; ma proprio in queste semplici cantilene, basate su
testi in latino, va ricercata l'origine lontana della lauda, canzone spirituale di carattere popolare,
che ebbe grande importanza nella vita religiosa del popolo italiano e europeo.
Solo testi poetici sono disponibili per il periodo che precede l'affermarsi dei
laudesi; fino a quel momento ad eseguire laude sono soprattutto confraternite
mariane. I canti non presentano ancora caratteri formali definiti, come invece
sarà all'epoca della fioritura successiva, quando si compilerà anche il codice
di Cortona. L'importanza di questo manoscritto va oltre la testimonianza
dell'uso musicale laudistico, poiché esso rappresenta la più antica raccolta
conosciuta di canti in volgare italiano e l'unica per tutto il secolo XIII. Si
tratta quindi di un documento di estremo rilievo per la storia della musica e
della cultura italiana ed europea, data l'influenza che la lauda esercitò anche
di là dai confini della comunità culturale italiana.
Il termine lauda deriva
da alcune definizioni già in uso nella pratica religiosa del tempo: con laus si
indicava ad esempio l'Alleluja della messa. Dunque il canto di lode
era già largamente presente nella liturgia tradizionale, ma assunse maggiore
importanza e autonomia nel momento in cui queste confraternite presero ad
operare con regolarità e in modo più esteso, arricchendo i repertori
tradizionali con nuove laudes, le cui melodie furono composte
o comunque riadattate da canti preesistenti.
Gli argomenti trattati nel laudario spaziano tra quelli di tipo mariano (in
prevalenza) a ricorrenze liturgiche durante l'anno (Natività, Epifania, Pasqua,
Pentecoste) e le laude di devozione nei confronti di alcuni santi come S.
Francesco, S. Antonio da Padova, S. Michele. Queste laudes, dedicate a Gesù, alla Vergine e a santi,
furono inizialmente basate su testi in latino, ma una svolta decisiva si ebbe
nell'adozione del volgare, comprensibile a tutti i fedeli. E' certamente a S.
Francesco d'Assisi (1182-1226) che va attribuito il merito dei primissimi
esperimenti di lirica religiosa interamente in volgare: le sue Laudes Creaturarum, componimento
in volgare umbro (noto anche come Cantico
delle Creature o Cantico
di Frate Sole) costituiscono un importante esempio del nuovo genere.
La lauda, cantata pubblicamente nelle vie e nelle piazze, esce
dunque dall'ambito ristretto delle confraternite e, grazie all'uso del volgare,
diventa un efficace mezzo di richiamo alla fede per il popolo.
Il messaggio di rinnovamento spirituale promosso da San Francesco e dagli altri
ordini mendicanti si diffuse con grande rapidità, alimentando la nascita di un
rinnovato fervore religioso, poichè la popolazione dell'epoca era ben disposta
ad accogliere parole di pace e di speranza, in un contesto storico, quello
degli inizi del Duecento, continuamente turbato da violente lotte politiche,
guerre, gravi disagi materiali e morali.
L'anno della commozione religiosa più intensa fu senza dubbio il 1260, durante
il quale, dopo un lungo periodo di preghiera e penitenza, giunse a Perugia
l'eremita Ranieri Fasani che, vestito di sacco e fune, percorse le strade della
città osannando Dio e flagellandosi le spalle nude, dando in tal modo pubblico
esempio di durissima disciplina espiatoria, che egli riteneva necessaria per riconquistare
la purezza e la dignità spirituale agli occhi del Signore. Centinaia di fedeli
invasati cominciarono a seguirlo e a imitarlo, flagellandosi a loro volta le
spalle (i cosiddetti flagellanti) e cantando laude in volgare in
onore del Signore. Nacque così la compagnia dei Disciplinati di Gesù Cristo, che, diversamente
dalle altre confraternite, alla pratica del canto accompagnava anche quella
dell'autoflagellazione. L'impeto e l'esaltazione generale contagiarono numerose
regioni, diffondendosi anche oltre i confini dell'Italia. Nel frattempo si
assisteva alla nascita di un altro fenomeno, indipendente da quello dei
Disciplinati e importantissimo per l'evoluzione tecnica e artistica della
lauda: la costituzione di confraternite finalizzate in particolar modo al canto
delle laude, specializzate nel canto delle laude e perciò dette dei Laudesi.
L'esigenza di una maggior competenza, preparazione e capacità nelle esecuzioni
e la finalità di uno scambio di repertorio tra le varie associazioni portarono
a fare raccolta dei numerosi componimenti. A metà del Duecento, la lauda era
ormai giunta alla sua forma definitiva, quella della ballata profana, dalla
quale dovette trarre molte delle caratteristiche ritmiche e di carattere; e
proprio in questo momento fu elevata, anche attraverso la sua preservazione
oltre che diffusione e sviluppo tecnico, da semplice canto devozionale di
trasmissione orale a raffinato esempio della più spontanea arte popolare
religiosa. Sorsero così i famosi laudari, che custodirono la memoria
della lauda fino ai nostri giorni. Ma dei circa duecento giunti sino a noi,
soltanto due contengono, oltre ai testi, anche le melodie, assumendo per questo
un'importanza fondamentale: il codice 91 dell'Accademia Etrusca di Cortona e il
Magliabechiano II.I.122 della Biblioteca Nazionale di Firenze. Dei due, il
primo è il più antico ed ha un valore artistico certamente maggiore, poiché
rispecchia la lauda nella sua essenza più pura e perfetta, non ancora
influenzata da certi gusti e tendenze al virtuosismo vocale, che in seguito ne
causeranno la decadenza
Il prezioso codice fu ritrovato nel 1876, da un bibliotecario della Biblioteca
dell'Accademia Etrusca e del Comune di Cortona.
Rimasto nascosto per secoli, rovinato, fu ripulito e catalogato col numero 91;
tuttora conservato nella stessa Biblioteca, rappresenta per la città di Cortona
motivo di vanto e di prestigio, costituendo, almeno finora, la testimonianza
più antica di melodia su testo in lingua volgare italiana, nonché un
importantissimo documento letterario.
Il laudario appartenne alla Confraternita di S. Maria delle Laude, presumibilmente attiva dalla fine del
Duecento in poi presso la chiesa di S. Francesco.
- Il
volume è costituito da 171 carte di pergamena, e si può dividere in due
parti: la prima, contiene 45 laude, probabilmente trascritte da una sola
mano, tutte corredate delle rispettive melodie fino alla prima strofa,
eccetto la quinta (Ave Maria gratia plena), per la quale è presente
la melodia senza notazione. La seconda parte, più recente, ha inizio con
l'indice dei componimenti della prima serie e prosegue con altre 19 laude
prive di musica; fu compilata a varie riprese, grazie all'intervento
successivo di più persone. Tra le due parti si frappone un quaderno di
dieci carte, contenente altre due laude musicate (Benedicti
e'llaudati e Salutiam divotamente), probabilmente
inserito agli inizi del Trecento. Le melodie del codice ammontano dunque a
46. Il testo poetico è scritto in caratteri gotici.
Per quanto riguarda la datazione del manoscritto non possiamo fare altro che
supposizioni; presumibilmente la prima parte sarebbe stata scritta prima del
1250 poiché mancante di laude in onore del Beato Guido Vagnottelli, morto
intorno a quella stessa data, e in onore di S. Margherita, morta nel 1297, i
quali, amatissimi dal popolo, furono venerati come Santi non appena morti; tali
laude sono presenti invece nella seconda parte della raccolta, che per questo
motivo risalirebbe sicuramente agli inizi del Trecento.
Diamo adesso uno sguardo alla tematica delle varie laude:
- le
prime 16 sono tutte dedicate alla Madonna e costituiscono un gruppo
compatto a se stante;
- la
17 è dedicata a S. Caterina d'Alessandria, la 18 a Maria Maddalena;
- il
gruppo che va dalla 19 alla 32 ripercorre le varie fasi del cosiddetto anni
circulum, costituito da Natale, Quaresima, Risurrezione, Ascensione,
Pentecoste e Trinità.
- la
34 e la 36 riguardano il disprezzo del mondo, la 33 e la 35 l'amore a
Cristo.
Segue un gruppo di laude dedicate ai vari Santi:
- la
37 e la 38 a S. Francesco, la 39 a S. Antonio da Padova, la 40 di nuovo
alla Maddalena.
- la
41 a S. Michele Arcangelo, la 42 a tutti i Santi.
- la
43 e la 44 a S. Giovanni Battista; la 45 è un'esortazione all'amore verso
Cristo, la 46 è dedicata agli Apostoli.
- la
47 costituisce il saluto finale alla Madonna.
La notevole varietà poetica e musicale che caratterizza i componimenti del
laudario denuncia chiaramente che essi appartennero a periodi diversi e che non
furono opera di un solo autore; il fatto che in quattro laude venga citato,
all'interno di una delle strofe, il nome di Garzo, non è sufficiente a
dimostrare che questo personaggio sia l'artefice dell'intera raccolta. Egli fu
forse il redattore, cioè colui che ne stabilì il contenuto scegliendo i
migliori canti in circolazione e ordinandoli secondo un criterio estetico ben
preciso; tra questi avrà poi inserito quattro laude di propria composizione,
quelle appunto che riportano il suo nome. Sulla sua identità sono state
avanzate varie ipotesi: una è che egli fosse Garzo dell'Incisa in Valdarno
bisnonno di Petrarca, altra ipotesi è che data la ricorrenza del nome Garzo,
oltre che nel cortonese, in altri codici toscani del Trecento, si può pensare
che egli sia stato uno dei personaggi di maggior spicco nella prima fase della
storia dei laudesi, forse proprio uno di quei primi maestri senesi che
guidarono le "scholae".
La struttura poetica e melodica della lauda è riconducibile a quella
della ballata profana, per la presenza della distinzione tra
ritornello (ripresa) e strofe (stanze).
La stanza della ballata si divide principalmente in due parti: la prima
comprende due mutazioni, di due versi ciascuna e di struttura
identica; la seconda, detta volta, funge da collegamento per
il ritorno della ripresa, poiché il suo primo verso rima con il verso finale
delle mutazioni (concatenatio), mentre l'ultimo verso ripete la rima
conclusiva della ripresa.
L'asimmetria esistente tra testo e melodia nella gran parte dei componimenti
lascia presumere che molte laude siano contrafacta, ovvero melodie
liturgiche e profane preesistenti, adattate a testi nuovi. Di tale
procedimento, assai diffuso nel tredicesimo secolo, troviamo un esempio
esplicito all'interno dello stesso codice cortonese: la lauda n° 11 (Regina
sovrana, de gran pïetade) è un contrafactumdella n° 8 (Altissima
luce col grande splendore), la cui melodia viene conformata, con
evidenti cambiamenti, alla diversa struttura del nuovo testo. L'esecuzione
delle laude poteva sensibilmente variare con il cambiare dell'esecutore o
dell'ambiente; ciò si può intuire osservando la differenza tra le versioni di
stessi componimenti, a questo bisogna aggiungere la diversità delle situazioni,
come la presenza o l'assenza di strumenti musicali, la necessità di cantare
all'interno di sacre rappresentazioni o processioni religiose, l'ispirazione
momentanea degli esecutori; tutti fattori che avranno influenzato, volta per
volta, l'aspetto formale delle laude.
Diversi musicologi hanno condotto ampie ricerche sui documenti delle
confraternite in molti archivi italiani, dando preziose indicazioni sulle
attività musicale delle stesse. Grazie ai loro lavori sappiamo, tra l'altro,
che cantanti professionisti o semi professionisti erano assoldati sia per
cantare le laude che per
insegnarle ai confratelli e che scarsissimo era l'utilizzo
di strumenti musicali e solo a cominciare dalla seconda metà del XIV secolo
iniziò un utilizzo più ampio.
Tutt'ora, nonostante le indicazioni fornite dalle laudes e le analisi fatte in
seguito, seppur costituiscano un insostituibile
strumento di ricerca per l'interprete, non forniscono
esaurienti strumenti di analisi sia per l'esecuzione di questi brani, sia in
merito alla scrittura, che alla modalità, all'esecuzione ritmica o libera, alla
struttura poetico musicale e alle sue implicazioni relative all'esecuzione,
alla presenza o no di musica
ficta (alterazioni transitorie) nell'esecuzione,
all'interpretazione dei segni di ornamentazione.
Ed ancora c'è tutta la partita della comparazione con la musica di tradizione non scritta:
da anni ormai sia la ricerca musicologica che l'interpretazione della musica
antica e medioevale in particolare non possono più prescindere da questo
fondamentale strumento di indagine, anche se il consolidarsi della pratica
comparativa - troppo spesso condotta in maniera superficiale - rischia sempre
di più di ingenerare equivoci anziché fornire punti di vista alternativi e
quindi utili a far luce su problemi altrimenti di difficile approccio.
Rispetto alla produzione d'oltralpe, è interessante analizzare le laude in modo
comparativo: una delle differenze evidenti tra il canto dell'Europa
continentale e quello dell'area europea mediterranea è la conduzione della
melodia; i profili melodici della
melodia monotonica continentale sono caratterizzati da
aperture con intervalli ampli (grandi variazioni tra una nota e un'altra),
mentre la musica soprattutto vocale dell'Europa meridionale privilegia la
conduzione melodica per grado congiunto (seguendo la scala armonica, nota per
nota).
Questa caratteristica è evidentissima nei repertori musicali di tradizione orale, ma è
riscontrabile chiaramente anche nella musica di tradizione scritta. Costituendo un
repertorio che ha tratto vari materiali melodici dalla musica liturgica, le
laude cortonesi risentono della fusione
tra le tradizioni italiane più antiche del canto sacro e le nuove influenze,
per l'appunto continentali, che proprio la mediazione francescana introduceva
nell'ambito della liturgia di fine del duecento. Ed è nota la profonda
connotazione francescana delle confraternite di ambiente umbro toscano e della
confraternita cortonese in particolare: oltre alla musica, la struttura stessa
del Laudario ne è testimonianza.
Continentale
e meridionale è molto evidente: brani come Benedicti e llaudati, Laude novella, Troppo perde ‘l tempo, Laudar
vollio per amore corrispondo
ai profili melodici tipici del canto monodico settentrionale (a un solo tono),
diversamente le laude Dami
conforto, Fami cantar, Altissima luce, Ave vergene gaudente corrispondono
a modelli non solo più
chiaramente mediterranei, sia per modo che per andamento, ma in
alcuni casi direttamente riscontrabili nella tradizione musicale italiana di
trasmissione orale e non più di origine europea.
Innegabili appaiono infatti i punti di contatto del brano Dami conforto con la
tradizione del "canto a
vatoccu" marchigiano, della lauda Fami cantar con
il repertorio lirico narrativo toscano o di Ave vergene gaudente con le arie laziali e centro
italiane. Ciò non significa, che le caratteristiche esecutive di questi
repertori tradizionali siano da mutuare in toto per l'interpretazione delle
laude, ma che nella tradizione vocale monodica italiana siano individuabili
preziosi elementi
stilistici imprescindibili per un'ipotesi di ricostruzione dell'estetica vocale
del periodo.
Altro punto rispetto al quale l'analisi comparata (musicologica ed
etnomusicologica) ci fornisce utili indicazioni riguarda un antico problema
interpretativo delle laude: la lettura ritmica o cosiddetta libera.
Il canto monodico della tradizione europea continentale è, in linea di
principio, essenzialmente strofico, spesso ritmicamente regolare ed omogeneo,
con una struttura melodica atta a
trasmettere il contenuto testuale come prioritario. Di contro,
nella tradizione mediterranea, il canto monodico assume significanza a sé
stante come fatto sonoro: il cantare è evento artistico dove ornamentazione,
fraseggio, presenza della voce e caratteristiche di emissione sono parametri
strutturali, dove il "gesto vocale", è a volte più importante del
testo stesso. Com'è ovvio, uno stile vocale di questo tipo ha meno propensione alla trascrizione:
e non è un caso, che nel medioevo italiano la pratica della trasmissione orale
sia stata di gran lunga preferita, con la conseguente scarsità di documenti
musicali notati rispetto ad altri paesi, come ad esempio la Francia.
Nel Laudario possono essere individuati brani nei quali sembra essere
applicabile con maggior verosisimiglianza una lettura ritmica, ma per la maggior parte dei
casi l'interpretazione è quella non ritmica.
La struttura più ricorrente nel repertorio cortonese è la ballata: rari i casi
incerti, sia per lacune nel manoscritto che per eccezioni riportate. Del
brano Madonna Santa Maria,
non essendo stata trascritta la melodia della strofa. La lauda Fami cantar (come Dami conforto) presenta una struttura poetica di ballata ma
una melodia unica sia per il ritornello che per la stanza: questo, e
l'assonanza con il repertorio lirico narrativo centro italico, suggerisce
un'ipotetica esecuzione senza ritornelli tra le varie strofe, come d'altronde
per il brano Oimè lasso e freddo lo
mio core, in questo caso per il tono intimista del testo.
In tutte le altre laude la struttura è quella della ballata, con ritornello tra
le strofe.
Nelle laudi è evidente la musicalità dei versi, data dalla concordanza delle
rime (a volte baciate a volte concatenate), le assonanze, le allitterazioni e
parecchi latinismi.
Le laude che abbiamo selezionato hanno come tema centrale l'esaltazione della
Vergine. Spesso nel corso delle laudes, Maria viene messa in relazione agli
elementi del locus amoenus ("rosa", "frutto",
"giglio") tramite una serie di paragoni che rendono scorrevole e
ritmica la lettura (o l'ascolto) delle laude stesse.
Nella lauda "Madonna Santa Maria , Mercè De Noi Peccatori", come nelle
prime sedici laude del codice cortonese, protagonista è Maria o, per meglio
dire, è la destinataria del canto dei fedeli. Essi si rivolgono
alla Madonna affinché interceda per loro, con il figlio Gesù Cristo, perché li
possa perdonare dei loro peccati. Il tema del peccato qui è molto sentito e si
evidenzia l'assoluta devozione dei fedeli alla Madonna e a Gesù, che culmina
con la penitenza, a cui segue il forte desiderio di perdono per evitare
l'inferno. Il rivolgersi al divino, è sempre permeato da un sentimento di
soggezione e sottomissione(<<...tornate a Dio onnipotente>> v.18;
<<Te ne prego, Iesù Cristo allegra lo mio cor k'è tristo…>>
vv.21-22).
La lauda è strutturata in otto quartine di cui ogni verso è formato da sette o
otto sillabe. La rima è abbastanza irregolare, anche se la tendenza è quella
della terzina rimata seguita da una diversa terminazione dell'ultimo
verso(ABCD-AAAD-EEED-FFGD-HHHD-CCID-AAAD-LLLD).
Sono presenti molti latinismi per innalzare ancora di più il tema della lode
del divino come <<sancta>>(v.5), <<penetentia>>,
<<reverentia>>, <<sententia>>(vv.25-26-27).
Nella lauda "O Divina Virgo Flore"
viene celebrata la Vergine tramite il paragone con un fiore, e le viene reso
grazie per aver portato <<‘l vino e ‘l pane, cioè ‘l nostro
Redentore>>. Da questo momento in poi si snoda, per tutta la durata della
lauda, un elenco, in funzione amplificante, delle molteplici qualità che
appartengono alla Madonna.
La struttura è organizzata a partire da un distico iniziale seguito da una
serie di quartine; i versi sono in ottave. Moltissimi sono gli arcaismi e vi è
anche una frase interamente scritta in latino (vv. 11-12) per dare maggiore
sonorità e musicalità alla lauda.
Il ritmo viene scandito dai continui riferimenti alla Vergine in ogni strofa,
spesso rivolgendosi a lei utilizzando la seconda persona singolare: a questo
proposito si può notare l'anafora del "tu" ad inizio strofa, presente
ai versi 3- 5-11-13-43, o comunque il riferimento diretto alla Madonna nei
versi 15-19-22-23-25-33-39-45. Il ritmo è dato poi dalla continua enumerazione
delle caratteristiche divine che caratterizzano Maria e dalla lode delle sue
innumerevoli virtù .
La rima è del tipo AA-BBBA-CCCA-DDDA..e così via sino all'ultima strofa, in cui
troviamo una climax nel momento in cui vengono presentate alcune delle doti
della Madonna ("viritade", "umiltade",
"umanitade").
Nella lauda inoltre, moltissime strofe (vv. 10-14-18-46) si concludono con un
verso dedicato al motivo principale per cui la Vergine viene venerata così
ampliamente: la nascita di suo figlio Gesù Cristo, che compare nella lauda
citato con diversi nomi (Redentore, Salvatore, Cristo, Iesù) e che è la causa
dell‘adorazione di Maria.
Nella lauda "Regina Sovrana De Gran Pietade" la
Vergine, presentata all'interno di paesaggi idilliaci in cui si celebra tutta
la sua grazia, viene esortata affinché doni riposo a coloro i quali hanno
subito un lutto. La Vergine attraverso tutta una serie di metafore viene
paragonata alle bellezze del creato come le stelle, il sole splendente, la
rosa… .
ÍNDICE DE EUROPA EN SINTONIA
- Prof.ssa Laura Sciolla, UCIIM Torino
- Clase III E liceo scientifico "Pascal" - Giaveno,Prof. ssa Stefania Bruno
- Le ocasionali della musica:clase IV F liceo classico-linguistico "V. Gioberti" - Torino,Prof. ssa Chiara Autilio ocasioni claseIA liceo classico-linguistico "V. Gioberti" - Torino,Prof. sa Maria Luisa Genta
- clase 3 ° H del liceo scientifico "Pascal" - Giaveno,Prof. ssa Silvia Ajmerito
- Classe IV F liceo classico-linguistico "V. Gioberti" - Torino,Prof. ssa Chiara Autilio
- classe 3 ° C liceo scientifico tecnologico "Gramsci" - Ivrea,Prof.ssa Laura Milla
- Classe del Celtis-Gymnasium escuela secundaria humanística, lingüística y musical - Schweinfurt, Germania,Prof.sse Eva Schmidt-Schenetti e Raffaela Franch
- Yo protagonisti del progetto
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